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Da una decina di giorni le operazioni condotte dalla Russia e dall’esercito siriano nell’area di Palmyra, in Siria, si sono intensificate. Si tratta di una massiccia campagna di riconquista che impegna mezzi a terra e aerei: e questo succede indipendentemente dall’annuncio del ritiro di gran parte del contingente russo, fatto dal presidente Vladimir Putin lunedì 14 marzo.

BREVE STORIA DI PALMYRA

Palmyra è una città che si trova nella fascia desertica della Siria centrale (sotto il governatorato di Homs). È considerata patrimonio dell’Unesco perché conserva(/va) eccezionali reperti storici, anche di epoca romana. Dal maggio dello scorso anno è palmyracaduta sotto il controllo dello Stato islamico: la conquista scatenò lo sdegno mondiale, perché i baghdadisti, che sono iconoclastici, distrussero molti di quei reperti considerati devianti per la fede (anche se nelle contraddizioni che spesso caratterizzano l’organizzazione, va ricordato che probabilmente parte di quegli stessi reperti sono stati rivenduti nel mercato del contrabbando di oggetti d’arte).  Il teatro romano della città è stato usato come scenario per un famoso video dell’Isis in cui viene ripresa un’esecuzione di massa di soldati siriani operata da combattenti poco più che adolescenti. A Palmyra è stato anche ucciso lo storico Khaled al Assad, complice la fama internazionale e la brutalità dell’esecuzione (torture, decapitazione, crocifissione), la notizia della sua morte fece il giro del mondo.

PERCHÉ È IMPORTANTE

Mosca e Damasco puntano a riprendere Palmyra non soltanto per un fine simbolico, ma anche perché l’area è fondamentale per i collegamenti della lunga autostrada M20 che taglia la Siria fino all’Iraq, è prossima ai campi petroliferi di al Halil e Arak (da cui dipende la corrente di Latakia e dei territori alawiti), e poi perché nel museo a cielo aperto patrimonio dell’Umanità, il governo siriano aveva piazzato varie depositi di armi (tra cui quelli che proteggono i missili Scud). Dal punto di vista strategico, più di tutto il resto, prendere Palmyra significherebbe aprirsi la strada per il distretto petrolifero di Deir Ezzor, area quasi totalmente in mano al Califfato e nevralgica per gli interessi siriani.

LE OPERAZIONI

La maggiora parte dei raid aerei russi, si stanno da giorni concentrando sull’outskirt cittadino; i combattimenti si troverebbero a circa 7 chilometri del centro abitato. I bombardamenti russi proseguono nonostante la rimodulazione, ufficialmente come operazioni di counter-terror contro lo Stato islamico, anche se non si avranno più i ritmi da 60-90 sortite giornaliere: fonti citate oggi da AFP parlano di circa “venti, venticinque, raid al giorno”; alcuni osservatori sostengono che in realtà siano rientrati in Russia al massimo 16 aerei, e che contemporaneamente si sono visti per la prima volta a Latakia elicotteri da attacco come i super tecnologici i Mi-28N Havoc e i Ka-52 Alligator, e dunque se Mosca volesse potrebbe ancora disporre in Siria di una buona potenza di fuoco (da non dimenticare che Putin ha già chiarito che la rimodulazione al ribasso è una decisione reversibili).

A combattere sul terreno sabbioso di Palmyra ci sono gli uomini dell’esercito siriano, tra cui l’unità speciale Tigre, rinforzi di Hezbollah e alcuni delle milizie sciite che sostengono Bashar el Assad (su Twitter diversi utenti scherzavano sul fatto che le tecniche, ossia i pickup armati, dei miliziani erano di colore verde, palesemente distinguibili in mezzo al deserto siriano e dunque facile bersaglio: “Dategli una verniciata” si ironizzava).

I RUSSI COMBATTONO? 

Da qualche giorno girano notizie sulla presenza anche di militari russi schierati in prima linea a Palmyra. Utenti esperti, osservatori attenti, sui social network hanno postato alcune foto che riprendono militari russi distesi dietro ad una trincea insieme a colleghi siriani. Sono riconoscibili perché indossano tute Gorka, ossia la mimetica da combattimento tipica dei russi, che non è usata dai siriani (a volte alcuni guerriglieri caucasici arrivati a combattere il jihad in Siria se la sono portata dietra). Una foto è stata pubblicata dall’utente @bm21_grad (attualmente sospeso non si sa per quali ragioni), che è specializzato in armamenti russi e spesso li rintraccia in giro per il mondo: utenti come questo hanno più volte indicato l’esatto punto in cui si trovavano militari russi, perché i soldati scattandosi foto-ricordo avevano lasciato accesso il sistema di georeferenziazione dei propri smartphone. Sempre @bm21_grad fu il primo ad accorgersi che sullo sfondo di un reportage da Palmyra della CNN, l’inviato Frederick Pleitgen aveva in lontananza una squadra militare russa (riconoscibile oltre che dalle mimetiche dai mezzi da battaglia). Il giornalista americano non se n’era accorto, e aveva clamorosamente bucato un grande scoop a pochi metri da lui.

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Soldati siriani in trincea a Palmyra (sullo sfondo advisor russi)
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Dettaglio: con il cannocchiale quello che sembra un soldato russo, con addosso una tuta Gorka

 

CINQUE SOLDATI RUSSI UCCISI

Aamq News Agency, l’agenzia stampa collegata allo Stato islamico, ha diffuso nel pomeriggio di giovedì la notizia che cinque soldati russi erano stati uccisi dagli uomini del Califfato nell’area di Palmyra. Sono state pubblicate diverse immagini che ritraggono i militari morti, un equipaggiamento con scritte in cirillico, e un telefono cellulare appartenente ad una delle vittime. Da questo sono state anche riprese e condivise altre foto scattate dal militare russo che lo possedeva, ritratto insieme ad altri commilitoni. Non è chiaro se si tratti effettivamente di soldati regolari o di contractors, che da tempo agiscono insieme ai siriani sul campo: non è nemmeno verificabile se i cinque siano effettivamente morti. Annunci del genere, fatti direttamente dai media “ufficiali” dello Stato islamico, nei giorni scorsi avevano riguardato l’uccisione di vari combattenti del gruppo Hezbollah.

LE SMENTITE RUSSE

Le conferme sull’uccisione dei cinque russi arriveranno soltanto se Mosca le valuterà come vantaggio strategico, altrimenti è quasi certo che tutto resterà in silenzio. È chiaro che si tratta di una notizia importante, perché il Cremlino ha sempre usato due vie per giustificare l’intervento in Siria: la prima il basso costo, oggi un giornalista di Russia Today embedded in Siria, faceva notare che le spese russe ammontano finora a 465 milioni di dollari, mentre gli Stati Uniti ne spendono ogni 500 milioni solo per mantenere le bande musicali delle varie forze armate. L’altro tema era proprio il basso numero di perdite: solo due morti ufficiali, uno in un incidente, l’altro in un misterioso suicidio.

Le voci della presenza russa a Palmyra intanto hanno portato il Cremlino ad una dichiarazione ufficiale, con cui il portavoce Dmitry Peskov ha smentito qualsiasi coinvolgimento sul campo dei militari di Mosca: questo genere di dichiarazioni da parte del governo russo assumono ormai un peso relativo, dopo che i cosiddetti “Little Green Men“, i militari senza insegne in tuta Gorka-3, cioè quella verde usata dalle forze speciali russe, hanno accompagnato l’invasione discreta della Crimea, mentre per lungo tempo si continuava a smentire ogni genere di coinvolgimento, fino a quando pochi mesi Vladimir Putin ha ammesso che militari russi si trovavano in Ucraina.

 

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