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A sessant’anni dalla celeberrima crisi dei missili che vide contrapporsi gli Stati Uniti di John F. Kennedy e l’Unione Sovietica di Nikita Chruščëv, l’isola di Cuba è tornata ad essere teatro della contrapposizione tra Mosca e Washington, seppur in toni decisamente meno drastici rispetto a quelli della guerra fredda.

Tutto è iniziato lo scorso mercoledì 12 giugno, con l’attracco nel porto dell’Avana della fregata “Admiral Gorshkov” (primo esemplare dell’eponima classe di navi) e del “Kazan”, sottomarino lanciamissili balistici a propulsione nucleare classe Yasen, e di altre due navi di supporto logistico in seguito alla conduzione di quello che il ministero della Difesa russo ha definito un addestramento con “armi missilistiche di alta precisione” svoltosi nell’Oceano Atlantico. La permanenza delle due unità dovrebbe perdurare fino al prossimo lunedì 17 giugno.

Secondo gli analisti, quella della flotta russa sarebbe una voluta dimostrazione di forza effettuata nei pressi del territorio statunitense in seguito all’ulteriore erodersi delle relazioni tra le due potenze. Ma Mosca ha cercato di stemperare le tensioni sin dall’inizio, caratterizzando l’arrivo dei suoi vascelli nel Paese (diplomaticamente ancora molto vicino alla Russia, esattamente come negli anni Sessanta del secolo scorso) come una routine. E anche gli Stati Uniti, così come Cuba, hanno affermato pubblicamente che le navi da guerra russe non rappresentano una minaccia per la regione.

Tuttavia, in quella che non sembra affatto essere una coincidenza, giovedì il Comando meridionale degli Stati Uniti ha dichiarato che il sottomarino da attacco rapido “Helena” era arrivato nella base navale statunitense di Guantanamo, sita circa ottocentocinquanta chilometri a sud-est della capitale dell’isola caraibica, per una visita portuale di routine “secondo quanto pianificato in precedenza”. Una mossa che il ministero degli Esteri dell’Avana, pur confermando di essere stato informato dell’arrivo del sottomarino statunitense, non sembra avere apprezzato particolarmente.

Il vice ministro degli Esteri cubano Carlos Fernández de Cossío ha commentato la vicenda denotando come “le visite navali in un Paese sono di solito il risultato di un invito, e questo non è stato il caso. Ovviamente non ci piace la presenza nel nostro territorio [di un sottomarino] appartenente a una potenza che mantiene una politica ufficiale e pratica ostile nei confronti di Cuba”. Poche ore dopo, anche il pattugliatore canadese “Margaret Brooke” ha fatto il suo ingresso nel porto della capitale cubana in quella che il Comando canadese per le operazioni congiunte ha definito “una visita al porto […] in riconoscimento delle relazioni bilaterali di lunga data tra Canada e Cuba”. Inoltre, un diplomatico di Ottawa ha specificato che l’arrivo della nave della Marina canadese “non è correlato alla presenza delle navi russe”.

La reazione di Mosca all’evolversi della situazione, pur non essendo stata di allarme, ha comunque assunto dei toni critici. “Non appena si tratta di esercitazioni o di viaggi in mare, sentiamo immediatamente delle domande e il desiderio di sapere cosa riguardano questi messaggi. Perché in Occidente arrivano solo segnali relativi al nostro esercito e alla nostra marina? Perché l’Occidente rimane completamente sordo e poi si inventa le campagne più potenti per impedire ai segnali russi di entrare nel suo regno dell’informazione?”, è il commento fornito sulla vicenda dalla portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova.

 

 

 

 

 

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