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L’Egitto ha intenzione di ordinare un numero significativo di elicotteri multiruolo NH-90, prodotti dal consorzio NH Industries, partecipato per il 62,5 per cento dalla franco-tedesca Airbus Helicopter, per il 32 dall’italiana Agusta Westland e per il 5,5 dalla Fokker Autostructures, olandese.

TRATTATIVE DISCUSSE

Sono in corso trattative da mesi, che a quanto pare rientreranno tra gli argomenti trattati durante le visita del presidente francese François Hollande al Cairo lunedì 18 aprile: una visita molto discussa, perché già annunciata come occasione per rafforzare la partnership tra i due Paesi, in un momento in cui si susseguono le denunce per le continue violazioni dei diritti umani da parte del governo del presidente/generale Abdel Fattah al Sisi; denunce spinte anche dalla misteriosa circostanza dell’uccisione del ricercatore italiano Giulio Regeni.

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L’arrivo degli elicotteri NH90 sarebbe un follow-on alle vendite di armamenti francesi all’Egitto: Parigi ha chiuso già contratti miliardari per oltre 20 caccia Rafale, una fregata Fremm, due portaelicotteri Mistral, varie corvette e diversi altri accessori, come un potente satellite militare. Il Cairo sta rafforzando la propria panoplia e gli occidentali cercano si trovano in competizione commerciale: per esempio, è stato il vice presidente della Lockheed Martin in persona ad annunciare giovedì che due aerei da trasporto C-130 Super Hercules verranno consegnati entro il 2019 all’esercito egiziano, battendo la concorrenza francese dell’Airbus A400M. Se le industrie delle armi occidentali sono così disponibili nell’aprire linee di credito alla traballante economia egiziana (linee assicurate da banche sempre occidentali), è perché dietro agli investimenti del Cairo nel settore Difesa c’è l’Arabia Saudita, che ha stanziato finanziamenti in pratica a fondo perduto per rafforzare l’Egitto, il più grande paese arabo del mondo, sul quale ha già influenza ideologica (l’università di Al Azhar al Cairo è il principale dei centri dottrinali sunniti al mondo) e ora cerca di giocare un ruolo geopolitico; un esempio: l’Egitto è stato uno dei primi sostenitori della Nato islamica, l’alleanza militare del mondo islamico promossa specularmente ed alternativamente alla Nato dai sauditi. Gli NH-90, oltre a proteggere il canale di Suez e il Mar Rosso, asset strategici per l’Egitto ma anche per i sauditi, e punti di interesse per la Francia, potrebbero essere utilizzati proprio nell’ambito dell’alleanza islamica già nel teatro yemenita.

DETTAGLI TECNICI (E POLITICI)

Due giorni fa l’account Twitter ufficiale della 27e Brigade d’Infanterie de Montagne francese retwittava una foto del giornalista francese specializzato nel settore difesa Harry Boone, che riprendeva gli alpini durante un’esercitazione con l’NH-90 in montagna: succede spesso che gli eserciti usino queste immagini per dare dimostrazione delle capacità operative dei propri mezzi. L’elicottero francese deve battere una concorrenza forte di altri modelli proposti all’Egitto come alternative. A cominciare dall’americano Sikorsky Seahawk, oppure ai meno tecnologici Kamov Ka-27/29 e il Mi-17 russi. La Russia ha un vantaggio: ha già venduto gli elicotteri d’attacco Ka-52 Alligator al Cairo e, come testimoniato dall’accoglienza offerta a Vladimir Putin in occasione della sua visita di stato, poi ricambiata a Sisi, gode di ottima considerazione tra l’élite di al Sisi: ma c’è uno svantaggio tecnico, perché i velivoli che propongono non possono atterrare su mezzi navali. Su questo, oltre che sul momento di enfasi nei rapporti, si basa la forza francese, che s’è già assicurata la vendita all’Egitto di una Fregata Fremm (costruita dalla Dcns di Parigi in collaborazione con l’italiana Fincantieri), di quattro corvette classe “Gowind” (più altre due i cui contratti saranno siglati probabilmente lunedì) e due portaelicotteri classe “Mistral” (rigirate al Cairo dopo che le sanzioni europee sulla Russia post-Crimea ne avevano bloccato la vendita a Mosca): tutte unità navali che possono essere utilizzati dagli elicotteri NH, assicurando una continuità di affari.

LA LINEA GEOPOLITICA OCCIDENTALE

La Francia da diverso tempo vuole comportarsi come l’America: occuparsi da sola delle operazioni che ritiene urgenti, giocare influenza commerciale, vendere armi, veicolare le dinamiche geopolitiche di aree di interesse. Parigi non ha però la forza di Washington. Non è soltanto l’eccezionalismo francese a muovere le linee dell’Eliseo. Dietro c’è un rancore che i francesi covano da almeno tre anni e che si lega, come molte delle questioni attuali, alla crisi siriana: l’astio di Parigi è collegato alla vicenda degli attacchi chimici del regime siriano contro i civili di Damasco. Era l’agosto del 2013, e Barack Obama dichiarò il superamento di una “red line” da punire con un’azione militare: gli alleati francesi furono i primi a rispondere positivamente, mettendo subito in operatività i propri bombardieri, se non che Obama tornò sui suoi passi, cambiò decisione spinto da Mosca, e avvisò Parigi quando i caccia erano già sulla pista di decollo, pronti a volare per un piano congiunto e condiviso fino a poche ore prima. Uno sgarro, la mancata comunicazione, che la Francia sta rivivendo adesso con i mea culpa e i nuovi messaggi della Casa Bianca sull’intervento militare in Libia: quel “free riders“, scrocconi, diretto a inglesi e francesi (e italiani) ha fatto infuriare Parigi spingendolo ancora di più verso operazioni in solitaria, visto che alla fine quella solidarietà richiesta dopo gli attentati che hanno colpito il cuore della Francia c’è stata solo a parole. Ma, si diceva, Parigi non è Washington e non può scollegarsi completamente. Un esempio: è ormai cosa nota che a dirigere il raid che ha ucciso il capo dello Stato islamico in Libia Abu Nabil al Anbari, siano stati reparti delle forze speciali francesi, che operano in modo molto discreto sul territorio libico dalla Cirenaica egiziana; una sorta di tentativo di sollecitare gli americani a fare di più in un quadrante caro alla Francia, sfruttando il tema di un canale comunicativo che la Casa Bianca tiene aperta con l’Eliseo, il terrorismo.

LA LINEA MEDIORIENTALE

La Francia cerca di muoversi indipendentemente anche perché trova sponde reciproche da parte di altri Paesi. Non è un segreto che il deal sul nucleare iraniano abbia scosso gli animi dei sauditi, alleati preferenziali di Washington nel Medio Oriente (insieme ad Israele, altrettanto scosso). Riad, mentre cerca di comprarsi – letteralmente – l’influenza al Cairo, trova sponda a Parigi, che infatti durante i negoziati con Teheran è stato il più sostenuto. Nel mese di giugno del 2015, il vice principe ereditario Mohammed bin Salman ha visitato la Francia per firmare accordi dal valore di 12 miliardi di euro: in mezzo le centrali nucleari di cui occuperà la francese Areva e pure 500 milioni per l’acquisto di 23 elicotteri Airbus H145.

Che cosa succede tra Egitto, Francia e Arabia Saudita

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