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Lui non lo ammetterà mai del tutto, abile com’è ad affibbiare ad altri le colpe. Magari avrà pure qualche ragione nel dire che, ad esempio, a Roma Silvio Berlusconi gli ha fatto lo sgambetto scegliendo Alfio Marchini mentre a Bologna il ballottaggio è un ottimo risultato. Però le elezioni amministrative di ieri per Matteo Salvini rappresentano un sostanziale flop, soprattutto se legato all’Opa sul centrodestra che il segretario della Lega Nord aveva lanciato in asse con Giorgia Meloni per fare fuori l’area moderata e spodestare per sempre l’ex Cav. Invece non solo la leader e candidata sindaco di Fratelli d’Italia è arrivata terza in casa propria (a Roma) salutando ogni velleità di ballottaggio, ma nei principali Comuni capoluogo l’alleanza tra lei e il Matteo leghista non ha sfondato. E nella capitale la lista “Lega – Noi con Salvini” a Roma si è fermata al 2,72%.

COSA FA LA LEGA AL NORD

Emblematici i risultati della Lega Nord nei due principali capoluoghi del Settentrione, laddove il partito che fu di Umberto Bossi è nato e affonda le sue radici. A Milano, purtroppo per Salvini, si è verificato quel che aveva pronosticato Berlusconi: la lista del Carroccio è arrivata ampiamente dietro quella di Forza Italia all’interno della coalizione per Stefano Parisi, rischiando addirittura il doppiaggio (20,22% per Fi contro 11,76% della Lega). Non è andata meglio nelle preferenze, perché l’onnipresente in tv Salvini ne ha racimolate quasi 8mila (più o meno quante Pierfrancesco Majorino del Pd), mentre l’ex ministra Mariastella Gelmini candidata con gli azzurri è arrivata a quota 12mila. Polverizzati i Fratelli d’Italia sotto la Madonnina, dove hanno pure rischiato di non presentarsi: con il 2,42% nella città dove An esprimeva l’ex vicesindaco Riccardo De Corato, sono dietro sia alla lista Milano Popolare di area Ncd, sia alla civica di Parisi.

Ben peggio ha fatto il Carroccio a Torino, città dove (è bene ricordarlo) fino a qualche anno fa la Lega governava la Regione con Roberto Cota. Il notaio Alberto Morano, candidato imposto da Salvini che ha rotto la (debole) alleanza di centrodestra, si è fermato all’8,66%; ma soprattutto la Lega in versione regionalista Piemont guidata dal fedelissimo salviniano Riccardo Molinari si è fermata al 5,79%, mentre i meloniani di Fdi addirittura all’1,47%. Insomma, pensare di rilanciare il centrodestra tra Milano e Torino lungo l’asse Salvini-Meloni risulta piuttosto proibitivo.

IL CASO BOLOGNA

Se c’è un capoluogo dove Salvini ci ha messo la faccia più di altri, e dove un risultato positivo alla fine è arrivato, questo è Bologna. Qui la vera sfida per la sua candidata Lucia Borgonzoni era duplice: portare il sindaco dem Virginio Merola al ballottaggio e superare il grillino Massimo Bugani per giocarsi il secondo turno. Obiettivi centrati, anche se la vittoria finale rimane una chimera nonostante i problemi interni al Pd locale. La Borgonzoni ha racimolato un dignitoso 22,20%, il Carroccio ha strappato la doppia cifra (10,25%) replicando così il buon risultato di 5 anni fa e superando Forza Italia ferma al 6,3%. Ma, si sa, a Berlusconi della via Emilia rossa non è mai interessato un granché, da tempo l’ha lasciata appannaggio dei leghisti che infatti alle regionali del 2014 doppiarono gli alleati azzurri. Bene quindi la Borgonzoni, che però in una città come Bologna non ha alcuna possibilità di vincere.

Tuttavia, un piccolo smacco in terra emiliana Salvini lo deve registrare: l’ex avversario interno della Borgonzoni Manes Bernardini, già candidato in quota Lega nel 2011 quando superò la soglia del 30%, non solo ha mantenuto imbattuto quel suo record, ma questa volta ha raggiunto un ragguardevole 10,41% nella corsa solitaria che ha fatto, sostenuto soltanto da Ncd e Udc confluite nella sua lista civica. Insomma, Bernardini (vicino al sindaco di Verona Flavio Tosi) ha creato uno spazio nell’area moderata bolognese dapprima inesistente, favorito anche dallo spostamento verso destra dell’asse leghista.

A ROMA LA LEGA NON SFONDA

Non è bastato inserire il nome “Lega” all’interno del simbolo di Noi con Salvini per creare un incrocio tra Carroccio e movimento salviniano capace di attirare chissà quali consensi. La lista “Lega – Noi con Salvini” a Roma si è infatti fermata al 2,72% dimostrando tutti i limiti della proposta politica del segretario leghista nella capitale, nonostante il bombardamento mediatico e la frequente presenza del leader in città durante la campagna elettorale. Anche Roma Salvini ci aveva messo la faccia rompendo l’alleanza con Silvio Berlusconi per l’avversione alla candidatura di Guido Bertolaso e inducendo Giorgia Meloni a candidarsi; ma qui è andata peggio che altrove, anzi è andata peggio che in ogni altra parte d’Italia. Il Matteo padano aveva pure sfoderato dal cilindro l’ex pasionaria verde Irene Pivetti, candidata capolista del Carroccio in versione romana. Ma niente di tutto questo è bastato, e forse il mancato ballottaggio della Meloni contro la 5 Stelle Virginia Raggi è dovuto anche al deludente risultato elettorale della Lega.

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