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Matteo Salvini che manda baci ai contestatori che lo bersagliano di pomodori e slogan a Porta Palazzo, una delle zone più multietniche di Torino, Giorgio Airaudo che questo pomeriggio si tuffa nel Po per lanciare un progetto di balneabilità del fiume, in cui al momento gli unici bagnanti sono pantegane e nutrie, Piero Fassino che attacca la pentastellata Chiara Appendino “in consiglio comunale cavalcava qualsiasi polemica, ora è calma piatta per darsi una patente di credibilità di governo”, mentre lei  replica a distanza di non essere interessata ai “personalismi”. Scene da fine campagna elettorale a Torino.

Polo verde d’ordinanza, Salvini ieri ha fatto un blitz nel capoluogo piemontese per sostenere il candidato del Carroccio e di Fratelli d’Italia Alberto Morano, con cui nei giorni scorsi c’era stato qualche screzio proprio sul tema dell’immigrazione. Il notaio torinese in un dibattito pubblico aveva lodato le politiche di integrazione della giunta Fassino. “Anche dall’opposizione non farò mancare il mio appoggio” aveva detto. Parole che hanno scatenato subito le ire del “felpato” leader del Carroccio.

Pace fatta? “Abbiamo scelto un candidato indipendente con cui andiamo d’accordo al novanta per cento, poi giustamente ogni uomo ha la sua idea, ma penso che la scelta di Morano sindaco e della Lega come lista sia l’ultima speranza per i torinesi”, ha replicato ieri Salvini. Insomma a pochi giorni dalle elezioni, quel che è fatto è fatto. Del resto Salvini aveva già scaricato a marzo Osvaldo Napoli (Fi) per puntare su Morano.

“Il vero avversario è il Pd” ripete come un mantra. Tant’è che in caso di ballottaggio “neanche sotto tortura” Salvini indicherà ai suoi di votare a sinistra. “Le divisioni all’interno del centrodestra non mi appassionano” premette Salvini, prima di criticare Berlusconi reo, per il  Carroccio, di “aver puntato su un uomo di partito”, cioè su Napoli, “mentre va in giro a sostenere che preferisce gli uomini del fare”. “Anche io vorrei che Van Basten tornasse a giocare nel Milan, ma è difficile, Forza Italia a Torino raccoglierà ciò che ha seminato” vaticina il leader della Lega.

Il rito dei selfie va in scena in  mezzo ai banchi di salumi e formaggi, del mercato coperto di Porta Palazzo, in gran parte gestiti da persone di diverse etnie che osservano Salvini e il suo codazzo tra la curiosità e l’interdetto. Fuori un cordone di forze dell’ordine contiene uno sparuto gruppetto di giovani dei centri sociali, su cui Salvini non lesina complimenti: “sono solo delle zecche, ci vorrebbero le ruspe sui centri sociali per farne parchi gioco per bambini”.

Tra contestatori militanti e giornalisti non si arriva a cento persone. Con le forze dell’ordine si arriva a duecento. E’ un fatto:  a Torino le iniziative elettorali, che siano di destra, sinistra o pentastellate, non attirano le folle. Lo spauracchio di tutti i candidati si chiama astensionismo.

Piero Fassino

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