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Se l’ultima settimana la campagna elettorale ha riservato novità e chiarimenti, ciò non ha impedito ad una vecchia volpe della politica milanese come Sergio Scalpelli (già assessore della giunta Albertini e oggi sostenitore di Beppe Sala) di affermare non solo che “nel resto del mondo Sala e Parisi starebbero dalla stessa parte” ma anche che, quale che sia l’esito finale, Stefano Parisi ha già vinto perché ha rifondato il centrodestra. Che questa sia tutta la verità è da dimostrare ma che sia una parte della verità è certo.

I programmi dei due principali candidati si sono meglio definiti almeno su alcune materie di grande rilievo. Sul tema della sicurezza Beppe Sala (per cui comunque Milano non è il far west) ha scelto oggettivamente di convergere sulle proposte tradizionali del centrodestra come la realizzazione di un sistema di videosorveglianza che utilizza anche i droni, l’utilizzo non solo di un maggior numero di vigili (con nuove  assunzioni) e l’istituzione del “vigile di quartiere” ma anche dei militari, incontrando il dissenso (scontato) di una parte de suo schieramento.

Sulla questione fiscale l’ex commissario di Expo ha messo a fuoco una proposta di riduzione dell’addizionale Irpef attraverso l’aumento della soglia di esenzione da 21mila a 28mila euro di reddito lordo. La proposta di Stefano Parisi è invece quella di ripristinare lo status quo ante la giunta Pisapia abolendo completamente nell’arco dei 5 anni di mandato l’addizionale Irpef. E’ evidente che a regime questa sarebbe molto più costosa e impegnativa ma il nodo politico sta nel fatto che agendo soltanto sull’esenzione ne traggono beneficio (e questo va bene) solo le fasce basse (e purtroppo anche gli evasori) ma ne rimane completamente escluso il ceto medio basso che ha pagato duramente questi anni di crisi e che costituisce un gruppo socialmente e politicamente rilevante. Il tema centrale rimane la riduzione del prelievo fiscale della Giunta Pisapia che negli ultimi cinque anni, con maggiori entrate per oltre 700 milioni, è andato ben oltre la riduzione dei trasferimenti dello Stato.

Se Sala ritiene necessario ed urgente ristrutturare i 9.000 appartamenti pubblici inagibili (ma chiede aiuto al Governo), Parisi concorda ma chiede con fermezza di stroncare il racket delle occupazioni ripristinando la legalità. Sia le occupazioni abusive che l’elevatissima morosità che affliggono il patrimonio abitativo pubblico sono destinati a rimanere elementi centrali del confronto. Sia pur con le necessarie gradualità e distinzioni (i casi di morosità incolpevole), non si può tollerare che con comportamenti illeciti e spesso con la violenza vengano pregiudicati  i diritti legittimi della parte più debole dei cittadini.

Sostanziale convergenza sulle prospettive di A2A, per cui si auspica continui il processo di aggregazione delle ex municipalizzate, che entrambi i candidati considerano non strategica e che peraltro, essendo quotata, deve necessariamente rispondere alle logiche del mercato. E’ cedibile ma i futuri dividendi che verrebbero a cessare dovrebbero essere destinati a obiettivi strategici, per esempio, come propone Parisi, il risanamento dell’edilizia popolare. E’ mancato invece un vero confronto sul futuro del sistema aeroportuale.

Sul rapporto col sindacato da parte di Stefano Parisi sono venute importanti aperture. L’ex direttore generale di Confindustria quando era Palazzo Chigi fu, dietro le quinte, protagonista nella costruzione del “metodo concertativo” che più di vent’anni fa aprì una stagione importante (ormai tramontata) nelle relazioni tra sindacato e governo e fu protagonista diretto del “Patto di Milano” sottoscritto dal Sindaco Albertini con i sindacati, che non vide l’adesione della Cgil milanese. Parisi ha offerto, nell’incontro organizzato da Cgil-Cisl e Uil con i candidati, la ricostruzione attualizzata di un confronto costruttivo con tutto il mondo del lavoro fondata sul confronto di merito nel rispetto reciproco del ruolo e dell’autonomia delle parti. Per il sindacato, chiunque sarà il sindaco, sarebbe un’occasione da non perdere.

Parisi ha poi colto l’occasione, in occasione dell’apertura del San Gottardo, considerato come “un  simbolo di libera circolazione di merci e persone per l’Europa in un momento di disgregazione e di tendenza al nazionalismo” per sottolineare l’esigenza di un nuovo progetto di rilancio dell’Ortomercato che si trova ad essere collegato con uno dei più grandi terminal d’Europa per lo scambio di merci che costituisce una grande potenzialità di sviluppo per la città.

In materia urbanistica Beppe Sala si presenta in continuum con la giunta Pisapia mentre Parisi propone il libero scambio nella destinazione d’uso nel rispetto delle volumetrie esistenti, incentivi per le riqualificazioni, l’eliminazione di ogni vincolo relativo alla progettazione degli interni delle abitazioni per migliorare la disponibilità degli spazi. Curiosa la vicenda di San Vittore: Stefano Parisi condivide la proposta di vendita e trasferimento del carcere fatta dal governo mentre Mr. Expo è contrario e pensa invece ad una ristrutturazione.

Ora tocca ai cittadini la scelta. Rimane l’incognita dell’astensione, ma  il confronto tra i  due principali candidati è stato di buona qualità, costruttivo e di rispetto reciproco. Se il candidato grillino Corrado (entrato incolpevole in ritardo nella competizione) è sempre apparso fuori gioco per Palazzo Marino, una nota di riconoscimento va alle liste minori, quella di sinistra di Basilio Rizzo, la lista “Municipale” dei socialisti e quella radicale di Cappato. Non potevano combattere ad armi pari ma meriterebbero di entrare in Consiglio Comunale.

Vi racconto idee e proposte di Stefano Parisi e Beppe Sala per Milano

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