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La cessazione del quadro sanzionatorio potrebbe portare a un incremento dell’export italiano nel paese di quasi 3 miliardi di euro nel quadriennio 2015-2018. Se l’export italiano riuscisse a riproporre una crescita simile a quella osservata nel periodo pre-sanzioni (2000-2005), si raggiungerebbe infatti un livello di esportazioni superiore a 2,5 miliardi di euro nel 2018, tornando a un livello appena superiore al picco pre-sanzioni raggiunto nel 2005.

Peraltro, partendo da un livello artificialmente basso a causa del freno sanzionatorio, è verosimile che nello scenario di totale rimozione delle sanzioni le serie statistiche subiscano uno shock positivo, con significativi incrementi annuali in termini percentuali, potenzialmente anche superiori a quelli registrati nel “quinquennio d’oro” 2000-2005.
I circa 3 miliardi di euro di recupero potenziale nel breve periodo rimangono comunque una quota marginale rispetto a quanto perso dal sistema italiano negli anni di vigenza del regime sanzionatorio. In assenza di sanzioni infatti, l’Italia avrebbe potuto cumulare maggiori esportazioni per un valore di circa 17 miliardi di euro nel periodo 2006-2018.

L’impatto più rilevante si è avuto a fine 2011, quando l’inasprimento delle sanzioni ha fatto crollare gli scambi tra Italia e Iran, passati da 7,2 miliardi di euro a 1,6 miliardi di euro nel 2014. La composizione dell’export verso il Paese rimane stabile con la meccanica strumentale che resta il settore più rilevante, con un peso di circa il 58% nel 2014.

Proprio la meccanica strumentale è tra i settori più colpiti; il valore annuo dei beni venduti si è dimezzato da circa 1,3 miliardi di euro del 2010 a meno di 700 milioni di euro di oggi. In ogni caso, tutti i principali settori dell’export italiano hanno registrato una forte contrazione nell’ultimo quinquennio: mezzi di trasporto, prodotti agricoli e metallurgici sono quelli che hanno registrato la contrazione relativa più rilevante. Il settore degli alimenti ha invece bruscamente interrotto il trend di forte crescita registrato nel periodo pre-sanzioni.

Dal 2006 l’Italia ha perso molte posizioni, pur rimanendo il nono Paese esportatore nei confronti dell’Iran.

Riguadagnare le quote di mercato perse non sarà facile, considerando che concorrenti quali Cina,

India, Russia e Brasile hanno subito molti meno vincoli negli ultimi anni guadagnandosi una posizione importante all’interno del Paese.

La riapertura dei commerci con Teheran produrrebbe senz’altro un vantaggio immediato sul settore petrolifero, il più colpito dalle sanzioni internazionali nonché quello che necessita dei maggiori investimenti.

Dal 2011 a oggi il petrolio esportato dall’Iran si è dimezzato (da 2,6 a 1,4 milioni di barili al giorno. Dalla sola UE si è avuta una minore domanda per quasi 600 mila barili al giorno. La contrazione dei volumi, dirottati sui mercati orientali per l’embargo dell’Occidente, e la necessità di preservare il consenso sociale con la spesa pubblica, hanno contribuito a mantenere il breakeven ben al di sopra dei 100 dollari al barile. La riapertura degli scambi potrebbe pertanto ridare fiato alle finanze del Paese, ma la sovrabbondanza attuale di greggio sul pianeta non consente previsioni particolarmente incoraggianti in termini di offerta aggiuntiva. Per il medio-lungo termine, tuttavia, il Paese non potrà non dotarsi di un’industria e di infrastrutture adeguate: sarà pertanto fondamentale l’apporto di nuova tecnologia come valvole, raccordi e strutture per la lavorazione domestica del petrolio.

Il secondo settore di opportunità, dopo quello petrolifero, è l’automotive. L’Iran era un mercato da 1,5 milioni di immatricolazioni di veicoli all’anno nel periodo pre-inasprimento sanzioni del 2011, ora ci si attende un ritorno sopra i 2 milioni di unità all’anno nel caso le sanzioni siano rimosse. Questo soprattutto per la necessità di rinnovare un parco circolante (14 milioni di unità) molto vecchio. In prima linea per il ritorno nel Paese ci sono le francesi PSA e Renault, già presenti con JV nel Paese.
Anche i trasporti offriranno buone prospettive di domanda. Le sanzioni che vietano al Paese di acquistare aerei occidentali fin dagli anni ’70 hanno contribuito a creare una flotta aerea antiquata e di scarsa qualità.

L’Iran ha annunciato che una volta tolte le sanzioni comincerà il rinnovo della flotta con l’acquisto di 400 aerei.

Stesso discorso vale per i treni e le ferrovie. Numerosi costruttori inglesi e francesi sono alla porta per l’ampliamento e il rinnovo della rete ferroviaria iraniana.

La decisa crescita demografica (attualmente si contano in Iran 77 milioni di abitanti, ma si prevede raggiungeranno i 100 milioni entro il 2050) necessiterà di un’offerta abitativa adeguata, sia di alloggi popolari che di lusso, oltre che di strutture commerciali, alberghiere e uffici. I centri in forte sviluppo sono numerosi, alla capitale Teheran si aggiungono città quali Isfahan, Shiraz, Mashad, Tabriz, Yazd e Hamadan. In quest’ottica, ottime performance sono attese anche dal settore dei materiali da costruzione e dei macchinari per la lavorazione di marmo e granito, materie prime di cui il Paese è molto ricco.

Oltre alla richiesta di alloggi vi è anche una crescente sensibilità verso le nuove tendenze di design, soprattutto da parte delle élite iraniane. Si delineano buone opportunità per il settore del mobile, per gli articoli di illuminazione, gli accessori per il bagno e la cucina, i laminati in legno, i rivestimenti in vetro, le scale, gli infissi per porte e finestre, i materiali antisismici e le caldaie.

(foto: Tiberio Barchielli/Palazzo Chigi)

Come crescerà l'export italiano in Iran. Report Sace

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