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Le minute Fomc, pubblicate ieri in serata, si sono rivelate tutt’altro che banali. La pietra dello scandalo è stata l’indicazione che la maggioranza dei membri ritiene che se i prossimi dati confermeranno l’accelerazione della crescita nel secondo trimestre, il miglioramento del mercato del lavoro, e i progressi dell’inflazione nei confronti del target del 2 per cento, sarà appropriato che il Committee alzi i tassi a giugno.
Si tratta di un mini shock, per un mercato che appena una settimana fa attribuiva un 4 per cento di probabilità ad una mossa al prossimo Fomc, e a ieri, dopo un fuoco di fila di dichiarazioni di vari membri era giunto faticosamente ad un 14 per cento.

L’aggressività delle minute è stata un po’ mitigata dalla notazione che “diversi membri sono preoccupati che il flusso di dati non permetta di farsi una sufficiente idea entro giugno dell’opportunità di un rialzo”, che contribuisce a spiegare perché un riferimento così preciso al prossimo meeting non abbia lasciato traccia nello statement emesso il 27 aprile scorso. Interessante anche la parte in cui si è espressa la preoccupazione di alcuni membri che il mercato non stesse valutando correttamente la probabilità di un rialzo, preoccupazione che ha presumibilmente condotto alla retorica osservata negli ultimi giorni.

In soldoni, le ultime informazioni pervenute (retorica + minute) indicano che all’interno del Fomc non vi è consenso sull’opportunità di alzare i tassi prima dell’estate, ma è opinione diffusa che le condizioni per una mossa potrebbero presentarsi. Poiché le recenti regole non scritte di gestione della politica monetaria sconsigliano di procedere a politiche restrittive, quando queste sono totalmente inattese, occorre crearsi il margine di manovra necessario preparando il mercato alla mossa. Questo è quello che il Fomc sta facendo.

yellen

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