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Non è pace, ma forse è tregua: insieme contro il nemico comune, i democratici e Hillary Clinton, senza volersi bene né stimarsi troppo. L’atteso incontro al Campidoglio di Washington, ieri, giovedì 12 maggio, tra Donald Trump, il candidato repubblicano “in pectore” alla Casa Bianca, e Paul Ryan, lo speaker della Camera, di fatto il leader del partito, sfocia in un impegno a lavorare insieme per l’unità dei repubblicani.

Significa che l’establishment del partito s’arrende all’idea che Trump è ormai il candidato scaturito dalle primarie. Di qui a sostenerlo con entusiasmo, il passo non è immediato: prova ne è che Ryan ancora non gli dà il proprio “endorsement”. Ma, almeno, non gli rema contro.

Seguito passo passo dalle tv all news, il magnate dell’imprenditoria ha passato a Washington, città bersaglio delle critiche nei suoi comizi, all’insegna dell’anti-politica e del populismo, alcune ore e 45 minuti in una stanza con Ryan. Dal colloquio, è scaturita una dichiarazione congiunta, che dice: “C’è una grande opportunità di unire il nostro partito e di vincere in autunno. Ci impegniamo a lavorare insieme per raggiungere l’obiettivo”.

Ryan ha poi risposto ai giornalisti, dicendosi “molto incoraggiato” dal confronto con lo showman, ma aggiungendo che l’incontro è stato il primo passo di un “processo” necessario per unire il partito e che ne ha “piantato il seme”. Lo speaker ha poi riconosciuto i meriti della campagna di Trump, che “porta nuovi elettori al partito”.

Lo showman, invece, impegnato in riunioni con senatori e consulenti, non ha fatto dichiarazioni.

L'incontro tra Trump e Ryan segna almeno una tregua

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