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Difficilmente Lampedusa e Lesbo verranno insignite a ottobre del Nobel per la Pace. Come spiega in un’intervista ad Andrea Tarquini (su la Repubblica di oggi) il professor Asle Toje, uno degli esperti che affianca il Comitato di Oslo, esso viene conferito per tradizione a personalità o a organizzazioni, non a luoghi. Nulla vieta però, mi permetto di aggiungere, che possa essere assegnato ai sindaci delle due isole. Nel caso di Lampedusa, del resto, il sindaco Giusi Nicolini ha tutte le carte in regola per rappresentare simbolicamente lo straordinario impegno umanitario degli “eroi sconosciuti” della sua isola, narrato da ultimo nel film “Fuocoammare” di Gianfranco Rosi.

Vedremo. Forse pochi sanno, comunque, che l’Italia già vanta un Nobel per la Pace. È il giornalista Ernesto Moneta (1833-1918), uno dei leader del pacifismo democratico europeo nel passaggio dall’Ottocento al secolo scorso. Nel 1867 comincia a dirigere “Il Secolo“, una testata della scuderia Sonzogno, che diventa rapidamente il quotidiano più venduto della penisola. È sulle sue colonne che Moneta elabora quel concetto di “pacifismo patriottico e armato”, sensibile cioè alla necessità della difesa nazionale, che suscitò una vivace discussione a cui parteciparono, tra gli altri, Giosuè Carducci, Edmondo de Amicis, Cesare Lombroso, Napoleone Colajanni, Vilfredo Pareto, Felice Cavallotti.

Giunto al culmine della sua fama, il 10 dicembre 1907 Moneta riceve il Nobel nel municipio di Kristiania (come allora si chiamava Oslo), perché -come recitano le motivazioni- “[…] nessun grande giornale europeo come il ‘Il Secolo’ ha adottato un programma di pacificazione […]”. Perché, inoltre, ha sviluppato un’idea di milizia popolare sul modello svizzero, in modo da “essere esclusivamente destinato alla difesa della patria”.

Nel 1911 viene accusato di “ubriacatura colonialista” per essersi schierato con Giovanni Giolitti nell’avventura in Libia. Quando scoppia il primo conflitto mondiale, polemizza con i neutralisti che a suo giudizio facevano solo il gioco dell’espansionismo tedesco. Si congederà dai suoi lettori il 20 gennaio 1918, con un articolo intitolato significativamente “Justitia et pax”. Dopo aver elogiato la proposta di una Lega delle Nazioni, avanzata poco prima dal presidente americano Woodrow Wilson nel suo famoso discorso dei “Quattordici punti”, concludeva così: “I popoli non dovranno essere trattati più come minorenni, incapaci d’intendere le proprie responsabilità”. Una singolare figura di “pacifista riluttante” quella dell’ex garibaldino Ernesto Moneta, insomma.

Una figura che merita di essere ricordata in tempi in cui il pacifismo etico non c’è più, mentre le dottrine interventiste (non solo contro il Califfato) brancolano ancora nel buio.

Il Nobel per la Pace a Lampedusa?

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