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Il blog del CEPR ha pubblicato un’interessante analisi sul ruolo della moneta cinese, lo Yuan-Renminbi, nel sistema valutario internazionale, scritta da Barry Eichengreen, professore di economia internazionale a Berkeley, e da Domenico Lombardi, capo economista del think thank canadese CIGI e presidente dell’Oxford Institute of Economic Policy.

Il Fondo Monetario Internazionale ha deciso di inserire la moneta cinese tra quelle di riserva internazionale, il dollaro americano, lo yen giapponese e la sterlina inglese, che costituiscono la base per gli scambi valutari nel mondo a partire da ottobre 2016; questo rappresenta l’ultimo importante passo per integrare l’economia cinese nel sistema mondiale. La Cina, infatti, ha un grande scambio commerciale con il resto del mondo molto, ma dal punto di vista finanziario e valutario ha finora mantenuto un forte grado di chiusura.

Lo yuan ha una storia complessa, antica e affascinante. Il Ren-Min-Bi (人民币) letteralmente la valuta del popolo è nato nel 1948 ed è stato sempre gestito dalla Banca del Popolo Cinese, la banca centrale cinese, per controllare l’inflazione nel grande paese. Mentre all’interno del paese lo yuan circola liberamente, all’esterno la circolazione è un fatto assai recente, spinto anche dall’ingresso della Cina nell’Organizzazione Mondiale del Commercio. La Cina per decenni ha voluto in contropartita alle sue esportazioni che i pagamenti avvenissero in valuta estera, dollari, marchi e recentemente euro, con cui ha acquistato grandi quantità di titoli obbligazionari degli stati in cui esporta: USA, Europa e Giappone. Questo ha permesso alla Cina di controllare l’inflazione interna e a quei paesi di far crescere il debito pubblico, mantenendo tassi dell’interesse bassi. Il Renminbi ha avuto un tasso di cambio agganciato al dollaro americano e bloccato fino al 2005, anno in cui il Partito ha deciso di aprire gradualmente la valuta agli scambi internazionali.

Le statistiche commentate da Eichengreen e Lombardi dicono che oggi la Cina esporta il 25% dei suoi beni in Asia, il 24% in Europa e il 23% in Nord America; è quindi un sistema già integrato nel commercio globale e lo yuan svolge un ruolo globale senza ombra di dubbio. La Cina ha, inoltre, un forte flusso d’investimenti diretti esteri verso i paesi asiatici, come Macao, Hng Kong e Taiwan, e negli ultimi anni ha inciso fortemente su alcune piccole economie mondiali, talvolta salvandole dal disastro.

Strettamente connesso con l’equilibrio economico è quello politico; la millenaria rivalità tra Cina e Giappone, che ogni tanti si rinnova con qualche sparo di cannone nel mezzo del Pacifico, rappresenta ad oggi il più grande ostacolo alla leadership cinese in Asia; Cina e Giappone condividono l’alfabeto, moltissime parole nelle loro lingue, forti similitudini culturali, ma non vogliono ammetterlo e su questo costruire le basi per la cooperazione economica. Su questo Eichengreen e Lombardi concordano: è presto per sapere cosa accadrà. Ne riparleremo a ottobre 2016.

L’articolo è scaricabile qui.

Il futuro dello Yuan: moneta locale o globale?

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