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Di fronte al mondo del lavoro che è già cambiato, ha fatto bene il Ministro del Lavoro Poletti a dare una svolta al nichilismo dominante delle organizzazioni sindacali conservatrici e riottose. Solo chi non frequenta le imprese non sa che tutto è cambiato e l’organizzazione aziendale non è più rigida e le mansioni sono intercambiali al punto che le stesse lavoratrici e lavoratori sono disponibili a mettersi in gioco in una comunità innovativa e competitiva. Le persone in carne ed ossa hanno un disperato bisogno di competenza e chiedono nei recenti rinnovi contrattuali il diritto soggettivo ad essere aggiornati e formati per essere in grado di cogliere la sfida per anche collegare il merito salariale agli incrementi che aspettano loro in una logica di contrattazione di prossimità che non vincoli al ribasso le loro prestazioni.

Il mondo del lavoro è sempre più interconnesso con le nuove tecnologie, macchinari straordinariamente robotizzati, dispositivi che chiamano la persona ad essere registi attraverso la loro prestazione più libera e responsabile in una stagione di relazioni industriali innovative e coraggiose che prevedano rinnovi contrattuali cambiati con nuove regole, competenze, flessibilità organizzativa e produttività condivisa per acchiappare con determinazione il progresso assumendoci il rischio di impresa insieme, imboccando la strada della partecipazione strategica e organizzativa delle persone coinvolgendo tutti i settori e i comparti. Alla luce poi dei dati Istat di queste ore, altalenanti e insufficienti sul versante occupazionale per affrontare il cambiamento, come è possibile non darsi una mossa? Schemi fissi e rigidi non possono essere leve di sviluppo, diversamente, un’impresa che si basa su logiche partecipative rappresenta un esempio virtuoso di impresa che non si basa più su orari ingessati e spesso non programmabili perché alcune commesse possono chiedere supplemento lavorativo e dunque si misura la disponibilità e la produttività su maggiore flessibilità e sui risultati che si raggiungono con il sostegno di tutti.

Certo la valutazione del risultato ci comporta anche nuovi criteri di misurazione condivisi e soprattutto la revisione dello strumento giuslavoristico del quadro regolatorio del contratto di lavoro subordinato. I dati Istat sono chiari e non comportano interpretazioni poiché le flessioni occupazionali che registriamo pericolosamente altalenanti, anche riguardo al genere maschio/femmina con una disoccupazione e un aumento di inattività crescente ci devono fare non solo preoccupare ma agire. Infatti secondo Istat le differenze di genere si stanno acuendo in negativo. A ottobre 2015 il calo dell’occupazione rispetto al mese precedente è determinato dalle donne (-0,5%), mentre si registra una lieve crescita tra gli uomini (+0,1%). Il tasso di occupazione maschile, pari al 65,9%, rimane invariato, mentre quello femminile, pari al 46,8%, diminuisce di 0,2 punti percentuali. Anche il calo della disoccupazione nell’ultimo mese è determinato dalle donne (-2,0%), mentre si registra una crescita tra gli uomini (+0,8%). Il tasso di disoccupazione maschile, pari all’11,1%, aumenta di 0,1 punti percentuali, mentre quello femminile, pari al 12,2%, cala di 0,2 punti. Nella media del periodo agosto-ottobre 2015, il tasso di occupazione maschile è in crescita rispetto ai tre mesi precedenti (+0,5 punti percentuali), mentre quello femminile registra un calo (-0,2 punti). Sempre su base trimestrale, diminuiscono di 0,5 punti sia il tasso di disoccupazione maschile sia quello femminile. Il tasso di inattività è in calo per gli uomini (-0,1 punti) mentre cresce per le donne (+0,5 punti). Nel confronto con ottobre 2014, per gli uomini si osserva un aumento del tasso di occupazione (+1,3 punti percentuali), a fronte di un calo sia del tasso di disoccupazione (-1,1 punti) sia del tasso di inattività (-0,5 punti). Per la componente femminile, all’aumento del tasso di inattività (+1,8 punti percentuali) si accompagna un calo sia del tasso di occupazione (-0,5 punti) sia del tasso di disoccupazione (-1,9 punti).

Poletti ha ragione

Di fronte al mondo del lavoro che è già cambiato, ha fatto bene il Ministro del Lavoro Poletti a dare una svolta al nichilismo dominante delle organizzazioni sindacali conservatrici e riottose. Solo chi non frequenta le imprese non sa che tutto è cambiato e l’organizzazione aziendale non è più rigida e le mansioni sono intercambiali al punto che le stesse…

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