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Leggendo del risultato del voto sull’inserimento di una sorta di “diritto” all’aborto” nei Trattati europei tenutosi al Parlamento europeo vengono in mente le prime frasi dell’Enciclica “Inimica vis” di Papa Leone XIII: “Le forze avverse, che l’istigazione e l’impulso del genio malefico a combattere il nome cristiano, hanno sempre trovato certi uomini uniti fra di loro, intenti ad abbattere con la loro azione combinata le dottrine divinamente rilevate e a sconvolgere la comunità cristiana con funeste discordie. Nessuno ignora quali danni, in tutti i tempi, hanno cagionato alla Chiesa queste falangi organizzate per l’attacco”.

Al di là dell’irrilevanza concreta della votazione, essa cerca di essere usata, da parte dei suoi promotori, quasi come una sorta di manifesto ideologico e elettorale che prende le mosse dall’inserimento di tale pratica soppressiva nella Costituzione francese: perché un simile ricordo delle parole del grande Pontefice della questione sociale, ricordato sempre per la “Rerum Novarum”?

Perché la questione si lega direttamente al cuore della democrazia che ha nell’originalità della costruzione europea un campo da gioco per non perdere la sua stessa essenza e nella laicità cristianamente ispirata del popolarismo un suo radicale difensore che non può perdersi in un mero moderatismo (che sarebbe una sorta di liquefazione) o in una libertà di voto che corrisponde ad una incapacità di pensiero che forgia l’identità (se non difendo la radice come faccio a rivendicare un’etichetta? La diversificazione, il confronto, la sintesi, avvengono sulle declinazioni diverse, non sulle premesse che formano l’identità stessa, come ricordato di fatto da Papa Francesco nel suo messaggio al gruppo europarlamentare del Ppe).

Esiste chiaramente un “diritto alla vita” e la manovra all’europarlamento va contro di esso cercando di equiparargli quella che rimane una scelta drammatica (basti ricordare che in Italia lo Stato “riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio”), inoltre, come hanno sottolineato i Vescovi della Comece, l’Ue “non può imporre ad altri una certa ideologia e un certo modo di vedere la persona umana e la sessualità”.

Insomma siamo di fronte ad una azione ideologica di impronta transumanista,  guidata dalle presenze progressiste e laiciste, che ha alcune caratteristiche: la prima, è contraria alla laicità, perchè il moralismo di Stato che impone una morale porta allo Stato etico e necessariamente ad una ri-sacralizzazione del potere che mette in crisi la libertà (l’evangelico “dare a Cesare quel che è di Cesare” non vuol dire separarazione, indifferenza, contrarietà, bensì desacralizzazione).

La seconda consiste nel disconosce il principio fondamentale della dignità umana invertendo la superiorità che va attibuita alla realtà e non all’ideologia che cerca di riplasmare un’umanità odiata, mercificata: la terza caratteristica corrisponde alla messa in crisi della stessa democrazia nel momento del combattimento del “nome cristiano” esattamento come fatto dalle peggiori ideologie del novecento e da coloro che, come falangi all’attacco, cercano di ingenerare discordia e divisione tra cristiani.

La democrazia, evolutasi da quella elitaria delle polis greche, ha chiaramente questo cuore grazie all’azione di Benedettini, Domenicani, ecc… fino agli abati democratici francesi, i Congressi cattolici come quello di Malinés, l’idea democratico cristiana di Toniolo, i fondamentali radiomessaggi di Pio XII, ecc…: basti ricordare la mano del legato pontificio di Papa Innocenzo III, il cardinale Guala Bicchieri, nella redazione della “Magna Charta libertatum” inglese. Senza cristianesimo cosa resterebbe della democrazia riplasmata da uno Stato etico dall’evidente spietatezza?

Solo riconoscendo tale cuore è possibile ragionare di cittadinanza, ossia l’esercizio pratico della democrazia, nella sua integralità, non affettata in tanti “particulari” in cui finisce di perdersi l’essenza ed infilarsi la colonizzazione ideologica: con la dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede “Dignitas infinita” la centralità della dignità umana viene fortemente ribadita a trecentosessanta gradi, senza cedimenti all’eteroindotta frattura tra “cattolici della morale” e “cattolici del sociale”, richiamando così i cattolici alla coerenza non alla semplice e individuale obiezione di coscienza distribuiti in realtà politiche transumaniste con un testo che, di fatto, è una difesa delle radici della democrazia, che hanno come metro l’uomo, senza le quali questa evolverebbe in altro col rischio che la votazione avvenuta a Bruxelles possa essere commentata parafrasando una frase del film “Guerre Stellari”: “Così muore la democrazia, sotto scroscianti applausi”.

È chiaro che, capito il campo da gioco serva riconoscere che la partita principale avviene riportando l’ispirazione fondante del popolarismo nella famiglia politica popolare in cui non può scemare rimanendo un semplice riferimento formale, come fosse una destra qualsiasi, per non subirne un danno elettorale, per non bloccare in un limbo tecnocratico l’Europa bloccandone l’evoluzione originale, per non infliggere un colpo mortale alla democrazia di cui l’Europa deve essere faro anche come operatrice di pace di fronte alle difficoltà ed involuzioni al suo oriente e al suo occidente.

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Di Giancarlo Chiapello

Leggendo del risultato del voto sull’inserimento di una sorta di “diritto” all’aborto” nei Trattati europei tenutosi al Parlamento europeo vengono in mente le prime frasi dell’Enciclica “Inimica vis” di Papa Leone XIII. Al di là dell’irrilevanza concreta della votazione, essa cerca di essere usata, da parte dei suoi promotori, quasi come una sorta di manifesto ideologico e elettorale che prende le mosse dall’inserimento di tale pratica soppressiva nella Costituzione francese. La riflessione di Chiapello

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