Skip to main content

Dalla fine dell’offensiva ucraina del settembre 2022 il fronte in Ucraina è rimasto praticamente immutato. La guerra da manovrata si è trasformata in una di attrito. Ha dominato l’artiglieria. Le perdite sono state elevate da entrambe le parti. Le città e le infrastrutture ucraine hanno subito gravi danni, che non hanno però fiaccato la volontà di resistenza della popolazione, malgrado il disastroso fallimento della controffensiva su cui Zelensky – contrariamente ai capi militari americani incominciato– aveva riposto tante aspettative.

La crisi delle difese ucraine è avvenuta alla fine del 2023 per i ritardi dei vitali rifornimenti americani, specie di munizioni. È stata contenuta con il sacrificio delle fanterie ucraine. Alle carenze materiali si sono aggiunte per Kyiv quelle di soldati. I russi hanno incominciato ad avanzare, seppure lentamente. Le opinioni pubbliche occidentali hanno dato gli ucraini per sconfitti. Si sono moltiplicate le affermazioni che, di fronte alla superiorità russa materiale e umana, la continuazione della resistenza fosse inutile, se non criminale. Seguendo la “voce del padrone” sono cominciate anche a circolare voci sul fatto che Kyiv avrebbe rifiutato, su pressione occidentale, una generosa offerta di pace da parte del Cremlino, formulata già nel marzo 2022. È una “balla” della propaganda, smentita da Foreign Affairs. Era solo una bozza iniziale, nella quale gli ucraini prevedevano di mantenere 850 carri, mentre i russi erano disponibili a lasciarne loro 200.

La situazione è mutata a maggio 2024. I russi hanno esteso i loro attacchi a nord del fronte del Donbas, nella zona di Kharkiv. L’obiettivo dichiarato è di creare una “zona cuscinetto” per porre la città russa di Belgorod al di fuori della gittata dell’artiglieria ucraina, ma – verosimilmente – per obbligare l’Ucraina a spostare le riserve, sguarnendo il fronte del Donbas, che rimane luogo dello sforzo principale. Il Cremlino ha schierato circa 50.000 uomini. L’attacco potrebbe essere esteso ancora più a nord, verso Sumi, obbligando gli ucraini, che già incontrano difficoltà a resistere a Kharkiv, a spostare altre forze verso nord. Per inciso, desta stupore come l’attacco russo – che avrebbe dovuto essere travolgente e attuarsi di sorpresa in profondità – sia stato tanto lento e limitato. Oggi che gli ucraini incominciano a ricevere i nuovi aiuti americani e che possono colpire le forze e la logistica del Cremlino in territorio russo, appare probabile che la manovra fallisca e che si torni ad una guerra di logoramento.

Teoricamente la Russia dovrebbe avere prima o poi la meglio. Agli ucraini non resterebbe altro che continuare la resistenza con le strategie e tattiche della guerriglia, sostenuta dall’Occidente con un’organizzazione del tipo “Stay Behind” (Gladio).

A questo riguardo occorre precisare il significato di “vittoria”. A parer mio, vi è sempre stato un grosso equivoco al riguardo, alimentato dalle opposte propagande di Kyiv e di Mosca. Per Putin, vittoria significa “de-nazificazione”, smilitarizzazione e mutamento a Kyiv del regime nato con quello  che chiama “colpo di Stato di Maidan”. L’Ucraina perderebbe la sua sovranità e identità, assorbite – come prescrive secondo Putin la “Storia” in quelle della “Madre Russia”, previa “rieducazione” del popolo. Putin, poi, imbarcatosi nell’avventura, ha posto in gioco il suo potere. Non cederà facilmente, anche perché gode del sostegno dell’opinione pubblica umiliata negli ultimi trent’anni. Il conflitto durerà a lungo. Ogni compromesso sarà difficile.

A parer mio, per l’Ucraina, il mantenimento della completa integrità territoriale del 1991 non presenta un imperativo assoluto, qualche cessione territoriale sarebbe possibile. Assolutamente irrinunciabili sono invece serie garanzie di sicurezza, che forse verranno abbozzate da Biden nella sua prossima visita a Kyiv. Irrinunciabili sono anche la partecipazione ai blocchi occidentali e uno sbocco al mare. Si tratterebbe di “bocconi amari” per Mosca. Prima o poi dovrà rassegnarsi, soprattutto quando sarà mobilitata l’industria occidentale degli armamenti e crescerà la dipendenza dalla Cina.

Taluni affermano che l’Ucraina non può “vincere” – beninteso nel senso che si è dato di vittoria – con una guerra solo difensiva, a parer mio la sola compatibile con le sue risorse umane e materiali. Vietnam e Afghanistan sono esempi al riguardo. Anche la Russia non può superare un certo livello di perdite e di durata del conflitto. Gli entusiasti per le performance dell’economia russa sotto sanzioni dimenticano di menzionare che il tasso d’interesse è al 16%. Dovrà pur dire qualcosa! Beninteso, anche in Occidente non sono tutti fiori! Non credo che il problema sarà l’eventuale presidenza Trump. Basta assistere ai “talk Show”, per accorgersi come il livello di cultura strategica – e non solo! – sia limitato. La “perla” della settimana è stata l’affermazione di un candidato alle elezioni europee. Secondo lui occorre sopprimere la Nato perché, autorizzando l’uso sulla Russia delle armi di un Paese dell’Alleanza sulla Russia, potrebbe suscitarne la rappresaglia, obbligando gli altri Paesi ad entrare in guerra. In altre parole, prende sul serio il “bullismo” del Cremlino, che ne maschera la debolezza con la consapevolezza che il sistema di deterrenza della guerra fredda è tuttora funzionante.

Chiaramente il “nostro” ignora infine che l’art. 5 del TNA non prevede automatismi militari, i quali sono invece prescritti dall’art. 42.7 del Trattato di Lisbona. Invece di discettare di strategia, andare a raccogliere pomodori!

Può l'Ucraina vincere con la guerra difensiva? Risponde il generale Jean

Taluni affermano che l’Ucraina non può “vincere” con una guerra solo difensiva, a parer mio la sola compatibile con le sue risorse umane e materiali. Vietnam e Afghanistan sono esempi al riguardo. L’analisi della situazione sul campo del generale Carlo Jean

No Tarquinio, abbiamo bisogno di più Nato non di smantellarla. Il commento di Arditti

La guerra non è un rischio da scongiurare, poiché è già iniziata da tempo. L’illusione pacifista, improntata ad un buonismo diplomatico tanto genuino quanto ingenuo, non è materiale spendibile in un mondo globale nel quale l’assenza di equilibrio sarà regola per lungo periodo. Il dovere delle classi dirigenti è comprenderlo per tempo

La propaganda di Hamas indebolisce Israele. E sulle armi contro la Russia... La versione di Gruppioni

Di ritorno da una missione in Israele, la deputata di Italia Viva racconta a Formiche.net la sua esperienza facendo un punto della situazione sul conflitto e cercando di scardinare la retorica di Hamas. I terroristi vogliono isolare Israele facendolo apparire come carnefice agli occhi della comunità internazionale, sabotando gli Accordi di Abramo. Ma ci si dimentica del 7 ottobre. Usare le armi contro la Russia? Serve cautela: si rischia l’escalation

Sul Tevere galleggiano pesci morti. Il libro di Giuseppe Fiori

Di Giuseppe Fiori

Siamo a Roma. Dentro un’intrigante storia di misteriosi furti e sparizioni, costellata da tipi apparentemente normali. Italiano standard e romanesco in continuo montaggio alternato. È il caleidoscopico mondo del commissario Omar Martini nell’ultimo romanzo dell’ex commissario (vero) e scrittore Giuseppe Fiori, “È scomparso mio nonno” (Robin Edizioni). Ecco una anticipazione per gentile concessione dell’editore (E.C.)

Conti russa. E il Cremlino continua a usare le gang ransomware

La guerra ibrida all'Europa non si ferma. Ma gli strumenti di difesa ci sono

Con l’avvicinarsi delle elezioni si moltiplicano le campagne di disinformazione da Russia, Cina, Iran. Sgominata anche una società con sede in Israele. L’obiettivo è influenzare l’opinione pubblica, ma il successo sembrerebbe limitato. Alle aziende viene tuttavia richiesto uno sforzo in più

Vi racconto la storia (e l'importanza) della Festa della Repubblica. Scrive il gen. Arpino

La Festa, seppure con modalità anche diverse dallo standard, si è sempre tenuta. Al contrario, la Parata non ha avuto vita facile. Fu il Presidente Ciampi, che durante la guerra aveva servito con le stellette in Albania, a ripristinarla con svolgimento ai Fori Imperiali, per continuare poi fino ai giorni nostri. L’intervento del generale Mario Arpino

L’alleanza tra Pechino e le aziende di telecomunicazioni che spaventa Washington

Di Antonio Deruda

Negli ultimi anni, l’interesse di Pechino per il settore delle telecomunicazioni è diventato un vero e proprio asset nella sua strategia globale, osservato attentamente dagli Stati Uniti. Pubblichiamo un estratto dal libro “Geopolitica digitale, la competizione globale per il controllo della Rete” di Antonio Deruda (2024, Carocci Editore)

Trump condannato, e ora? L'analisi di Castellaneta

Il fatto che un personaggio così “ingombrante” sia stato riconosciuto colpevole è indice della forza dello stato di diritto negli Usa. Ma se da una parte è legittimo che la giustizia faccia il suo corso accertando eventuali responsabilità del leader repubblicano e sanzionandolo di conseguenza, dall’altra politicamente il rischio è che i guai giudiziari di Trump vengano utilizzati per fomentare le divisioni e le tensioni in una società che è già molto divisa e fratturata

Tornano le potenze in Libia. Dopo la Russia, ecco la Cina

I porti libici tornano di moda. Ci sono gli scali in mare profondo di Tobruk e Susan che piacciono a Russia e Usa, mentre si affaccia la Cina. Profazio (Ndcf/Iiss): “C’è un ritorno della competizione strategica in Libia”

Mar Rosso, per quanto può continuare la destabilizzazione degli Houthi?

I prezzi dei container stanno aumentando, le rotte internazionali marginalizzano il Mediterraneo, gli Houthi creano una sfida senza precedenti alla deterrenza. Serve fare di più?

×

Iscriviti alla newsletter