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Si sa, tutte le strade del mondo continuano a portare a Roma. Ma è meglio se passano da Milano, prima di imboccare la direzione verso la Città Eterna. Dopo il successo dell’Esposizione universale, detta familiarmente Expo, la sofferente capitale politica può trarre utili lezioni dalla capitale morale per organizzare il Giubileo straordinario dell’8 dicembre come si deve.

E’ vero: Roma non è mai stata così degradata e così mal governata, e forse c’è un nesso fra le due cose, che da troppo tempo s’accompagnano. Ed è innegabile: a meno di quaranta giorni da un evento che sarà unico per il suo carattere religioso e per l’attrattiva che produrrà nel mondo sull’Italia, i cantieri sono ancora per aria. Il sistema dei trasporti inaffidabile. E, come se non bastasse, il Campidoglio ha appena alzato bandiera bianca, toccando a un commissario fresco di nomina, Paolo Tronca, il compito di salvare il salvabile e coordinare il coordinabile. Dalla sua Tronca ha però un vantaggio: è stato il prefetto di Milano fino a ieri, dunque nel semestre vincente dell’Expo.

Ma se Roma oggi piange, Milano ieri non rideva. L’ultimo bullone all’ultimo padiglione fu fissato nella mezzanotte precedente il giorno stesso dell’inaugurazione dell’Esposizione. E alla vigilia dell’evento erano scoppiati scandali e arresti. E cortei di cosiddetti “No Expo” avevano imbrattato e devastato strade, vetrine e negozi di Milano. E poi i bastian contrari “a prescindere” della politica proclamavano che questo matrimonio fra l’Italia e l’universo “non s’ha da fare”, e comunque sarebbe fallito ancor prima di cominciare: divorzio all’italiana.

Ma proprio nel momento in cui il pregiudizio e l’ideologia scommettevano contro l’Italia, Milano insegnava come si reagisce al vandalismo, alla disorganizzazione, all’autodenigrazione quale sport nazionale e provinciale di politici e intellettuali che poco della propria patria conoscono, e nulla del mondo. Armati di spazzole, scope e detersivi migliaia di milanesi hanno subito risanato la loro città, senza chiedere né il permesso né un euro alle istituzioni per farlo. L’hanno fatto perché era la cosa giusta, semplicemente. Sporcarsi ciascuno le mani per ripulire la città di tutti, ecco da dove parte la straordinaria rimonta dell’Expo. Civismo consapevole sommato a quel che il mondo ha potuto vedere per sei mesi di fila, in tutti i sensi.

Tanta creatività e tanto lavoro. Massima sicurezza, ma garantita con discrezione. Ferreo controllo preventivo sulle opere, perché prevenire è meglio che curare. Armonia fra istituzioni di diverso colore. Ma, su tutto, quello spirito franco e lombardo, quello stile milanese di poche parole e molta fatica che fa la differenza. Che rende possibile vincere qualunque sfida, sia pure al novantesimo o a mezzanotte. Il modello Milano non è solo un esperimento ben riuscito. E’ la rappresentazione di ciò che siamo e possiamo essere, soltanto a volerlo. Nell’ora della verità, quando i muri sono imbrattati e i bulloni appena avvitati, quando non si può più tornare indietro e sembra neppure andare avanti, gli italiani danno sempre il meglio di sé. “Orgoglio italiano”, era il motto dell’Expo. Lo sia anche del Giubileo e perfino Roma, oggi in ginocchio, saprà rialzarsi viva e felice, come fa da almeno duemila anni.

Questo commento è stato pubblicato sulla Gazzetta di Parma ed è tratto dal sito  www.federicoguiglia.com

Da Expo a Roma, la riscossa dell'orgoglio italiano

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