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Inutile ribadire le colpe di Hamas: sono terroristi e vogliono solo la guerra per distruggere Israele. Un obiettivo folle, peggiore dell’Olocausto. Irraggiungibile. Ma che importa ai fanatici: loro vivono celebrando la morte. E possono essere così indifferenti al tempo, loro e dei loro figli. E trascorrerlo tutto celebrando la morte attraverso il terrore. Che loro, offuscati da una religione drogata, chiamano martirio.

Non c’è molto da fare con i terroristi. Se non combatterli. Ma ci sono laici e persone normali tra i palestinesi? Se sì, come voglio credere, cosa stanno facendo? Loro dovrebbero sapere che Israele può essere combattuta, isolata, colpita, ma che è fuori da ogni realtà immaginare di cancellarla. Come possono solo pensare, persone normali del XXI secolo, la plausibilità di un tale evento? E allora: quali sono la politica e il pensiero dei palestinesi moderati (se ci sono) e direi, anche, di quella parte del mondo che, in buona fede spera in loro?

Non si rendono conto che la strategia del terrore, degli attentati indiscriminati e diffusi, rivolti alla gente comune e ai cittadini israeliani, infiltrandosi dai confini o venendo fuori dai quartieri arabi della città santa lascia ad Israele solo una strada per difendersi: l’erezione di muri di divisione? Anche a Gerusalemme dove l’unità della città capitale morale delle tre religioni che vi convivono dovrebbe essere la preoccupazione anche di autentici credenti dell’Islam? E speriamo che i muri tengano. E gli attentati finiscano. Perché in fondo alla cieca strada del terrorismo, c’è la soluzione disperata cui Israele può essere portata per difendersi: fare come nel 1967 e rioccupare i territori da cui partono i terroristi.

Qual è l’obiettivo vero dei fanatici tra i palestinesi? Avere un alibi, Israele presentato come invasore, per scatenare quello che a loro piace, la guerra e non la pace? Per fornire ai loro amici arabi, gli strateghi dei terroristi sciiti o sunniti, in guerra tra loro in Siria, in Iraq, in Libia, nello Yemen un’occasione per distogliere l’attenzione mondiale dai luoghi della guerra civile araba e deviarla verso il nemico comune?

Forse il mondo dovrebbe prendere atto che, finché c’è Barack Obama alla guida degli Usa, permane il rischio che la Palestina vada ad aggiungersi, con una nuova guerra, ai luoghi in cui essa già divampa in Medio Oriente. Gli Usa sono oggi comicamente impotenti. E la loro impotenza sta diventando moltiplicatore di conflitti. Forse è il momento che altri si muovano per impedire l’incendio anche in Palestina. Più seri e capaci di Obama.

In fondo far sentire Israele sicura sarebbe il modo per Angela Merkel di chiudere i conti del ‘900 tedesco e per Vladimir Putin di difendere una delle poche medaglie d’onore del ‘900 russo.

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