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Domenica in tarda serata, l’artiglieria dell’IDF (Israel Defence Forces) ha preso a cannonate alcune postazioni dell’esercito siriano a sud ovest di Quneitra, cittadina che si trova sulle alture di confine del Golan. Si è trattato di una rappresaglia punitiva dopo che due proiettili di mortaio partiti dalla Siria era caduto sul suolo israeliano, come confermato dai portavoce militari.

Israele ritiene responsabile l’esercito siriano per qualsiasi cosa accada al di là della linea frontaliera, dunque anche di quelli che almeno sembrano “proiettili erranti”, spillover del conflitto. Negli ultimi giorni, due volte il territorio israeliano era stato colpito da proiettili provenienti dalla Siria: la prima sabato sera, la seconda domenica poche ore prima dell’attacco ─ in entrambi i casi non ci sono stati danni e/o feriti. Questi cosiddetti proiettili erranti, certe volte sono casuali, certe volte meno: all’inizio di settembre, alcuni razzi caddero in territorio israeliano, e IDF rispose con la più ampia offensiva contro la Siria dai tempi della guerra del 1973. In quell’occasione l’azione punitiva israeliana fu più dura che mai, visto che l’intell di Tel Aviv aveva individuato nel responsabile dei lanci Saeed Izadi, terrorista del gruppo Jihad islamica palestinese, ora “arruolato” tra le linee iraniane come comandante della fazione palestinese delle forze speciali al Quds (quelle guidate dal generale Qassem Suleimani, responsabile delle operazioni estere dei Pasdaran). Il portavoce della Jihad islamica ufficialmente nega il coinvolgimento, ma i colpi di un mese fa, erano di per sé un messaggio chiaro sull’autore: si trattava di razzi, tipici delle azioni palestinesi, e non di proiettili di mortaio ─ anche in quell’occasione l’esercito siriano fu comunque ritenuto responsabile dell’accaduto. I colpi “erranti” di questa volta, invece, sono stati probabilmente sparati dai siriani contro i ribelli e poi finiti fuori bersaglio.

Secondo fonti arabe riportate dai media israeliani, un vice comandante del Battaglione 90 di Damasco, colpito da IDF, sarebbe rimasto «moderatamente ferito»: report non confermati del sito Israel Hayom parlano anche di due soldati siriani uccisi. Il coinvolgimento di uomini, feriti o uccisi, in questi attacchi potrebbe diventare un problema per Israele.

Qualche giorno fa il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha fatto una visita lampo a Mosca per incontrare di persona il presidente russo Vladimir Putin ─ nella visita è stato accompagnato da alti ufficiali dell’esercito e dei servizi segreti: parigrado russi erano stati convocati da Putin al summit. Durante il bilaterale, Netanyahu ha chiesto chiarimenti sugli intenti russi in Siria. Gerusalemme è preoccupata di due cose, strettamente correlate. Vuole evitare che si crei un asse di collaborazione anche in chiave anti-israeliana tra Iran e Russia (e dunque Siria e Hezbollah, entità satelliti delle due potenze). La Repubblica Islamica, come noto, ha tra gli obiettivi strategici/geopolitici, più o meno dichiarati, l’eliminazione dello stato sionista dalla carta geografica. In quest’ottica, la seconda preoccupazione israeliana, è quella di aver garantita la possibilità di continuare a compiere questo genere di raid (iniziati da molti anni), soprattutto quelli con cui “controlla” il traffico di armi tecnologiche da Teheran al partito/milizia libanese Hezbollah. Nel caos totale che la guerra civile siriana ha creato, gli ayatollah hanno approfittato per spostare armamenti verso Hez: l’intelligence israeliana pensa che quasi sicuramente quelle stesse armi verranno poi utilizzate per combattere un secondo round del conflitto contro Israele ─ un giornale kuwaitiano sabato ha anche diffuso la notizia, inverificabile al momento, secondo cui decine di carri armati di fabbricazione russa (d’epoca sovietica) sono stati forniti dal regime siriano a Hezbollah, per rinforzare l’alleato fondamentale contro i ribelli.

Questi traffici sono stati finora tenuti a bada dal controllo dall’alto israeliano, che osserva con i propri droni i movimenti e decide quando colpire “pere prevenzione”. Ora, con l’aumento della presenza russa, Israele teme che tra i “colpiti” di questi raid, possano finirci anche militari russi. “L’incidente” rappresenterebbe un grosso guaio diplomatico, chiaramente.

Da ieri circola anche la notizia secondo cui l’Iraq si è spostato sulla linea di Iran e Russia nella lotta allo Stato islamico, allontanandosi dall’orbita statunitense. Sembra che Baghdad, Mosca e Teheran (e Hezbollah), abbiano creato un centro di coordinamento “anti-IS” nella capitale irachena: coordinamento con cui i poco valorosi soldati iracheni metteranno a disposizione le proprie tecnologie militari, in alcuni casi fornite in altri addirittura regalate dagli americani, all’asse russo-sciita. Secondo il Wall Street Journal, inoltre, la collaborazione si basa anche sulla condivisione di dati di intelligence: dati che, in pratica, sono forniti agli iracheni dai droni e dai servizi americani, e che adesso rischiano di finir gestiti dal generale Suleimani e dai comandanti russi.

@danemblog

 

Tutte le preoccupazioni d'Israele sugli intenti russi in Siria

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