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C’è una deriva grillina e turbo ambientalista nelle Regioni? No, non si sta parlando né delle proteste contro l’Alta Velocità (Tav) né degli strepitii contro il gasdotto Tap. Al centro delle striscianti tentazioni grillineggianti che pervadono tutti i partiti ci sono le trivellazioni petrolifere in mare. Nove regioni, amministrate sia dal centrodestra che dal centrosinistra, issando vetuste bandiere di un ecologismo anti industriale, puntano a referendum abrogativi di norme contenute nei decreti Blocca Italia e Sviluppo. Azzoppando così investimenti per circa 5 miliardi da parte di gruppi italiani ed esteri, calcolano gli addetti ai lavori, come scritto ieri dal quotidiano il Messaggero.

REGIONI GRILLINE?

Ecco i fatti. L’11 settembre l’assemblea plenaria della Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali, con la guida del neo coordinatore Franco Iacop, presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, ha approvato all’unanimità, su proposta del presidente del Consiglio regionale della Basilicata, Piero Lacorazza, la predisposizione di tre quesiti in merito al fine di porre a referendum abrogativo alcune norme del decreto Sblocca Italia e del decreto Sviluppo presentato dal governo. In particolare i quesiti riguardano alcune parti dell’art. 35 del d.l. 83/2012, solo per le nuove concessioni, e l’art. 38 del d.l. 133/2014.

LA RICOSTRUZIONE DI REPUBBLICA

Da un capo all’altro della Penisola, da nord-ovest a sud-est, il “fronte del No” si attesta ora sull’Adriatico, ma non solo, ha scritto ieri Repubblica in un articolo di Giovanni Valentini. In effetti coinvolge nove Regioni: sette a statuto ordinario, Puglia, Basilicata, Molise, Marche, Abruzzo e Calabria per arrivare fino al Veneto, alle quali se ne aggiungono due a statuto speciale, la Sicilia e la Sardegna. Con diverse maggioranze che governano gli enti, sia di centrodestra che di centrosinistra. “Dal movimento No Tav contro l’alta velocità in Val di Susa si passa così al cartello No Triv contro le trivellazioni off shore – ha scritto Valentini – O meglio contro le norme, contenute nella legge Sblocca Italia e imputate d’incostituzionalità, che derogano alla vecchia disciplina su ricerca e sfruttamento per l’estrazione di petrolio e gas metano”.

LA REPRIMENDA DEL CONSIGLIERE PD

Chi non ha esitato pubblicamente a criticare la decisione dei consigli regionali è stato, con una lettera ai promotori dell’iniziativa, il consigliere Pd dell’Emilia-Romagna, Gianni Bessi: “E’ necessario riflettere se sia corretto dire “no a tutto” in maniera indiscriminata quando si discute di estrazioni in mare, perché metterebbe a rischio il nostro indotto nazionale ha scritto Bessi – Infatti succede che le risorse energetiche fossili che si trovano all’estero – come la recente scoperta da parte di Eni di un grande giacimento in Egitto insegna – vanno bene e vanno sfruttate, mentre quelle, per altro ingenti, che abbiano in Italia vengono demonizzate. Due pesi e due misure che non fanno bene né alla nostra bilancia dei pagamenti né ai nostri territori, che stanno perdendo opportunità di creare ricchezza e occupazione”.

LUPI: COLPA DELLA GUERRA TRA RENZIANI E MINORANZA

Ma che cosa si dice nei partiti di maggioranza di questa decisione di stampo grillino da parte di 9 consigli regionali? Per Maurizio Lupi, titolare delle Infrastrutture prima con Enrico Letta e poi con Renzi, dimessosi in seguito all’inchiesta sulle Grandi Opere, è un problema più che altro politico. E il Nimby c’entra fino a un certo punto. La vera questione – secondo il capogruppo di Area Popolare alla Camera – è lo scontro in atto tra Pd renziano e minoranza dem che si è spostato anche a livello periferico. “Non è una vendetta, è solo che la minoranza democratica fa la guerra a Renzi anche nelle regioni”, spiega Lupi a Formiche.net. “Ricordo che anche ai tempi dell’approvazione in Parlamento c’era la minoranza che non era d’accordo con questo decreto”. Per l’ex ministro, ora, non c’è dubbio: è lo scontro tra renziani e non in versione locale. Va bene, ma i referendum rischiano di bloccare le trivellazioni. Lupi non sembra preoccupato. “Ce ne vuole per fare un referendum, intanto facciamo partire lo Sblocca Italia, poi si vedrà”.

ZARDINI (PD): REFERENDUM LEGITTIMI MA LE REGIONI HANNO ESAGERATO

Che cosa si dice in casa Pd? Diego Zardini, deputato veneto del Pd e membro della commissione Ambiente e Lavori pubblici della Camera, dice che l’atteggiamento contrario delle regioni è esagerato: “Credo siano esagerate le critiche alle norme dello Sblocca Italia. Non si sono aperte le strade alle devastazioni – dice il democrat Zardini a Formiche.net – Si è voluto solamente semplificare, chiarire e non ridurre le tutele. Anzi in commissione il Pd ha agito per mantenerle in particolare in tema di fideiussioni e di tutela delle aree soggette a subsidenza”, spiega il deputato dem, constatando come tali azioni possano “sembrare contraddittorie”. Poi però c’è una spiegazione più tecnica all’accaduto. “Credo che ciò possa spiegarsi a partire da un problema non ancora risolto sull’interpretazione del titolo V della Costituzione e sulle rispettive competenze tra Stato e Regioni. Tuttavia anche se sarebbero più naturali luoghi di compensazioni istituzionali o politici per risolvere le divergenze, è legittimo il ricorso a strumenti come quello referendario se si ritiene prioritario per la tutela della salute dei cittadini e del territorio”. Insomma, legittimo chiedere un referendum, ma l’atteggiamento degli enti indubbiamente stride con gli obiettivi del governo.

Ecco le ultime follie ecologiste delle Regioni

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