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Rimbalza sui social la notizia di ipotetiche armi partite da Olbia verso la Siria. Il tutto, ovviamente, è avvenuto in gran segreto e c’è già chi, tra i politici e mal pancisti, scuote la testa biasimando l’operazione. D’altronde, se mai ci fosse il ragionevole dubbio che queste armi siano destinate ai guerriglieri dello Stato Islamico ci sarebbe da preoccuparsi. Nonostante il gran segreto, comunque, la notizia è trapelata e in un bounce continuo da pagina a pagina alimenta il mito del Bel Paese allineato in un doppio gioco.

Vediamo di capirci qualcosa, però:

1. Di che armi parliamo? Di AK47. L’Italia produce Kalashnikov? Che io sappia – e posso sbagliarmi – vi sono società che producono e vendono Ak47 demilitarizzati ovvero trasformate in armi comuni da sparo. Uno degli usi delle armi demilitarizzate? La caccia di selezione, per esempio. Che senso avrebbe fornire armi, per intenderci da caccia, in un conflitto bellico?

2. Dal dicembre del ’92 al marzo del ’94 dai porti di Ancona e Venezia passarono decine di navi cariche di armi ufficialmente dirette a paesi africani ma in realtà inviate alle milizie impegnate nel conflitto serbocroato. A gestire questo traffico di tonnellate di materiale bellico era un’organizzazione formata da ex agenti del Kgb, da esponenti della mafia russa e da misteriosi uomini d’affari ucraini. Non è la trama di una spy story ma la sintesi dell’inchiesta della Dia coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Torino conclusasi con l’arresto di Alexander Zhukov, un facoltoso petroliere russo, noto alle cronache mondane per le feste affollate da vip nella sua lussuosa villa sulla Costa Smeralda. Gli investigatori della Dia torinese hanno sequestrato l’ultimo carico di armi diretto nei Balcani: 30 mila kalashnikov, 10 mila e 800 razzi Katiuscia, 50 rampe di lancio e 11 mila anticarro Rpg 7 e Rpg 9. In tutto duemila tonnellate di armi nascoste sulla nave portacontainer Jadran Express.

3. Ma che ruolo ha la Sardegna in questa storia? In che modo si ricollega al volo partito da Olbia? L’isola in realtà ha un ruolo fondamentale perché i kalashnikov e le munizioni che l’Italia ha deciso di “regalare” alle milizie curde erano custodite in un bunker nell’Arcipelago di La Maddalena.

4. L’Italia ha deciso di supportare i Peshmerga Curdi con l’invio di armi “reciclate”. Anziché distruggerle, si è pensato di imballarle nuovamente e spedirle ai Curdi. Supporto materiale e bellico.

5. Dopo il parere positivo del ministero della Difesa e del Parlamento Italiano, sono state disposte le procedure di imballaggio e trasporto delle armi. Non in segreto ma con discrezione perché – capite bene – si stanno trasportando tonnellate di armi e no di certo olio novello di fresca molitura.

6. Una prima partita di armi era volata in medio-oriente nel mese di Settembre. La seconda “manciata” di aiuti è partita ieri notte.

7. Internet è una grande opportunità per formarsi un’opinione. Bisogna però verificare le fonti. Diversamente il problema non è il digital divide bensì il cultural divide e non vi è fibra ottica che tenga.

fonti:
La Repubblica
La Stampa
Analisi Difesa

Quelle armi "Italiane" partite da Olbia

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