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La “formazione professionale continua” vale circa due miliardi di euro, racimolati da trattenute in busta paga e contributi delle aziende. Quindi è una delle voci che fa aumentare il costo del lavoro.

È affidata a fondi interprofessionali, anche detti enti bilaterali, perché sono il risultato di accordi tra le associazioni dei lavoratori e quelle dei datori. Considerati un po’ un’area grigia. Giusta la missione (formare i lavoratori e metterli in grado di affrontare i cambiamenti del mercato) dubbia la reale utilità, il rapporto costi/benefici e anche i criteri di gestione, tanto che l’Autorità nazionale anticorruzione ha deciso di puntare il faro su questo mondo.

È di qualche giorno fa una lettera dell’organismo guidato da Raffaele Cantone indirizzata ai principali fondi interprofessionali nella quale si annuncia una «indagine generale» sul loro funzionamento. Vero che si tratta di società di diritto privato, ma l’Anac ricorda che sono anche soggetti di interesse pubblico e quindi, in particolare per quanto riguarda la disciplina degli appalti, soggetti al controllo della stessa autorità.

Nella lettera, si chiede ai fondi di mandare all’Anac dei chiarimenti sulle «modalità di individuazione dei soggetti incaricati di effettuare la formazione richiesta dagli iscritti che versano il contributo all’Inps» e anche di chi fornisce «assistenza tecnica».

In sostanza, Cantone vuole capire se i formatori pagati dai fondi e tutti quelli che ne utilizzano i soldi dei lavoratori e delle aziende, sono veramente qualificati o se sono selezionati seguendo altri criteri, più politici.

Il sospetto, più che sulle scarse competenze di chi deve formare, sembra essere quello che i fondi possano essere degli strumenti per finanziare i sindacati. Una partita di giro dove, grazie ad accordi sindacali, si trattiene in busta paga una quota per la formazione (il contributo volontario per la disoccupazione volontaria, pari allo 0,30 dei versamenti all’Inps) che viene affidata ai fondi e quindi girata alle organizzazioni dei lavoratori. Se l’Anac dovesse confermare un sistema di questo genere, scoppierebbe un terremoto. Quasi tutti i sindacati, da Cgil, Cisl e Uil fino alle sigle autonome partecipano ad enti bilaterali, così come tutte le associazioni datoriali di categoria.

Nella lettera l’Anac chiede conto al Ministero del Lavoro dei risultati dell’attività ispettiva preventiva che il dicastero dovrebbe attuare.

C’è n’è anche per l’Inps. All’istituto di previdenza si chiedono chiarimenti sulla «modalità di adesione delle aziende ai fondi e di trasferimento di risorse economiche agli stessi». In sostanza come e perché le aziende finanziano i fondi.

Ora le società di formazione professionale di sindacati e associazioni datoriali hanno 30 giorni per rispondere.

(l’articolo completo di Antonio Signorini si può leggere sul sito del Giornale)

Ecco come Cantone (anticorruzione) indaga sui fondi dei sindacati

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