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Beati i Paesi che non hanno bisogno di eroi, afferma, in un passaggio famoso, Galileo Galilei di Bertold Brecht.

L’Italia non ha bisogno di eroi perché da oltre settant’anni ha dimenticato l’epigrafe sul popolo di eroi, di navigatori… ancora iscritta sul Palazzo della Civiltà Italiana (il Colosseo quadrato, per intenderci) nel quartiere EUR di Roma.

L’Italia, Paese fortemente secolarizzato, ha, però, bisogno di’ idoli’. Abbiamo trasformato in idoli un ministro del Tesoro e un governatore della Banca d’Italia che nel novembre 1989 apprezzarono la lira, un passaggio di cui ancora avvertiamo le conseguenze. E, dopo avere idolatrato per decenni la Banca d’Italia (anche facendo diventare il giorno della presentazione della sua relazione annuale, un mero passaggio tecnico in gran parte dei Paesi industrializzati, un evento pari al “Discorso sullo Stato dell’Unione” del Presidente degli Stati Uniti al Congresso Usa), idolatriamo la Banca centrale europea (Bce). Senza accorgersi, che in quel di Francoforte sul Meno, la Bce è, al tempo stesso, madre e matrigna. Ossia ha un doppio volto.

La trattativa con la Grecia (in cui la Bce è una delle “istituzioni”, successori della troika del 2009-2014) ha mostrato questo doppio volto a tutto tondo. E’ stato notato sulla stampa straniera (il New York Times gli ha dedicato un’apertura di prima pagina lunedì 22 giugno), ma la stampa italiana è stata molto silenziosa a riguardo. Forse per il timore di confondere la Bce con il suo presidente Mario Draghi, altro “idolo” di cui il Paese ha bisogno.

Nulla di tutto ciò: la Bce è organizzazione complessa nel cui ambito vige un compromesso continuo, “un equilibrio dinamico di Nash” si potrebbe dire in termini tecnici, tra le varie anime dei suoi azionisti (Stati membri), dei componenti del suo Consiglio dei Governatori e nel suo Esecutivo). Il “doppio volto” della Bce è uno degli aspetti di questa complessità. Così come lo è, tra i tanti esempi che si possono citare, il lungo percorso che ha portato al minimo sindacale della trasparenza decisionale, con la pubblicazione (ovviamente posticipata) dei “verbali” delle riunioni del Consiglio.

Nel negoziato con la Grecia (ancora in corso), da un lato, mostra il dolce volto “buonista”, ma da un altro quello arcigno “rigorista”. Da un canto, la Bce ha dato nuovo ossigeno alle banche greche, portando il programma di liquidità di emergenza intorno agli 89 miliardi di euro; il quarto intervento nel corso dell’ultima settimana precedente la riunione straordinaria dell’Eurogruppo. Da un altro, al tavolo negoziale – affermano coloro che vi partecipano – la Bce è più decisa dello stesso Fondo monetario internazionale nel difendere i propri crediti nei confronti della Repubblica Ellenica come “iper privilegiati” e non suscettibili di tagli, modifiche o anche solo ritocchi. Le tensioni all’interno della Bce, per molti aspetti, rispecchiano il più vasto problema del resto dell’’eurozona’ che, dopo avere ammesso la Grecia tra i suoi soci (nonostante il parere contrario dei suoi stessi uffici tecnici), si chiede cosa fare: estendere nuovi aiuti per consentirle di evitare l’insolvenza e la possibile uscita dalla moneta unica, e dalla stessa Unione Europea (UE), con un effetto sgretolamento dell’UE o se tentare ancora una volta di dare una mano sulla base, però, di un accenno di programma economico che lo stesso Parlamento di Atene potrebbe respingere. E di finanziamenti che non verranno mai rimborsati.

Il doppio volto della Bce, in breve, è un segno che da un accordo saldo e di lunga durata siamo ancora lontani.

I due volti della Bce sulla Grecia

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