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No Muos, No Tav, No Expo. Sono solo alcuni dei fenomeni di opposizione che, nati sui territori, si manifestano sul web, soprattutto sui social network, e identificano movimenti di contrasto a politiche industriali o del territorio in molte zone d’Italia. La comunicazione del dissenso è un tassello importante, ora che canali come Twitter e Facebook si fanno sempre più diffusi, ed è per questo che Fleed Digital Consulting e Public Affairs Advisors hanno presentato questa mattina il Rapporto “No2.0, come il dissenso comunica sul web”, per capire chi siano i gruppi “NO” e quale sia il linguaggio usato sul web.

IL DISSENSO FUORI E DENTRO LA RETE

Il Report No2.0 ha sottolineato come i fenomeni di dissenso siano sempre più frequenti sul territorio e come, grazie al web, abbiano attivato modalità di comunicazione per distribuire informazioni, notizie, immagini, dei progetti o delle infrastrutture a cui si oppongono sul territorio.

MOVIMENTI PIU’ ATTIVI

Se No Tav è il movimento più attivo sui social network, con 13.391 discussioni rilevate nel periodo di riferimento (settembre 2014/gennaio 2015) No Expo è il movimento con il maggiore tasso di crescita, con oltre 50.000 interazioni e 4.617 discussioni. I movimenti più diffusi a livello regionale e territoriale sono quelli contrari a Petrolio e Trivellazioni, con oltre 4000 discussioni tra Abruzzo, Campania, Piemonte, Basilicata e Sicilia.

A supportare i movimenti di protesta si registra anche la partecipazione di Anonymous, soprattutto a sostegno del movimento No Tav, con diffusione di video e tweet lanciati dai propri canali. Sul fronte internazionale, invece, è il movimento No Triv il più attivo, con 200 discussioni sul tema lanciate sia in italiano che in spagnolo.

FONTI E DATI ANALIZZATI

Come si è detto, l’analisi si è concentrata su 5 mesi, da settembre 2014 a gennaio 2015. In questo periodo, sono stati monitorate oltre 100.000 fonti web, 40 milioni di account social media, sono stati mappati 40 movimenti di opposizione territoriale. Le discussioni rilevate sono state 25.231 (una media di oltre 5000 discussioni al mese) e le interazioni considerate sono state oltre 400.000.

Se da una parte sono state considerate le terminologie usate per comunicare il dissenso, dall’altra si è potuto osservare come il linguaggio veloce e immediato dei social network ne abbia permesso la diffusione. Si legge nel Rapporto che “quasi il 60% dei contenuti di opposizione rilevati sulla Rete proviene dai social network. Emerge dalla ricerca che Twitter viene utilizzato come strumento di espressione immediata del proprio dissenso e come megafono per una mobilitazione istantanea e diretta; Facebook, invece, è il luogo di un’opposizione più organizzata e strutturata, un’agora virtuale per la condivisione continuativa di informazioni secondo modalità che mirano all’ampliamento costante della base delle persone coinvolte”.

PERCEZIONE COMUNE E PROCESSO PARTECIPATIVO

Ma cos’hanno in comunque questi movimenti? Il Rapporto mostra che le motivazioni che portano alla protesta vanno dall'”inutilità delle nuove infrastrutture; forte impatto ambientale e scarsa sostenibilità; costi eccessivi rispetto ai – presunti – benefici; sistema di malaffare pubblico/privato circa la gestione degli appalti e investimenti e più in generale dell’intero processo economico connesso alla progettazione e realizzazione delle infrastrutture in oggetto”. Sfiducia verso le istituzioni, dunque, che siano pubbliche o private.

È stato rilevato, inoltre, che parte dei fenomeni di opposizione nascono dalla mancanza di azioni di stakeholder engagement e di informazione capillare sul territorio da parte dei soggetti che propongono opere di forte impatto sul territorio.

LE PAROLE DI GIOVANNI GALGANO

“Il fenomeno del NO2.0 – afferma Giovanni Galgano, direttore di Public Affairs Advisors – è un’amplificazione di quello che sta accadendo in una società sempre più liquida e con pochi punti di riferimento. Le istituzioni e il sapere ufficiale perdono credibilità giorno dopo giorno: i cittadini si sentono da un lato abbandonati, dall’altro protagonisti in prima persona di scelte che in altri tempi avrebbero delegato ai soggetti competenti. Si pone inoltre fortissimo il problema dell’attendibilità delle fonti che circolano in rete. Il Web 2.0 rappresenta una grande opportunità, un’espressione eccezionale di libertà di informazione e di democrazia, ma allo stesso tempo presenta grandi rischi, perché permette la veicolazione velocissima e incontrollata di notizie incomplete, false o faziose, che creano in molti utenti della rete opinioni e certezze discutibili”.

“Il nostro Rapporto – ha concluso Galgano – vuole essere anche un invito a riflettere sulla necessità di istituzionalizzare percorsi partecipativi per la localizzazione di nuove infrastrutture o opere, evitando però con cura di allungare ulteriormente i tempi delle scelte”.

LE PAROLE DI GIOVANNINI

“Strategica risulta essere la dimensione pubblica del dibattito che nasce dal dissenso e che porta all’istanza condivisa attraverso i canali sociali. Tale dimensione pubblica – ha dichiarato Alessandro Giovannini, managing director di Fleed Digital Consulting – se letta in modo da coglierne il potenziale proattivo, potrebbe anche configurarsi come uno spazio di condivisione pacifica per le molte istanze moderate e apolitiche che ad oggi non trovano visibilità. Il ritardo con cui le aziende si relazionano con gli stakeholder coinvolti nella realizzazione di opere che impattano sul territorio – ha aggiunto Giovannini – si rivela un boomerang e permette a chi intende opporsi al progetto proposto, a torto o a ragione, di essere assoluto protagonista del dibattito pubblico”.

No Expo, no Tav, no Muos. Così il dissenso avanza sul web

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