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Secondo quanto riportato dal quotidiano saudita Okaz, il governo siriano avrebbe dato ordine all’intelligence di contattare diverse famiglie dell’élite alawita residenti a Damasco, invitandole a lasciare la città entro 48 ore e a recarsi a Latakia (l’articolo è di due giorni fa, dunque l’ultimatum/countdown scadrebbe oggi).

Se fosse vero questa strana notizia, l’ordine di lasciare Damasco per ragioni di sicurezza e fuggire verso la città costiera roccaforte alawita, centro di potere e luogo ancestrale della setta sciita del presidente siriano Bashar Assad, sarebbe un chiaro segnale di come la guerra stia prendendo una brutta piega per il regime.

Okaz è un giornale di Jeddah, di stampo liberale, senza nessun membro della famiglia Saud tra gl azionisti, terzo per diffusione a Riad: una volta Lawrence Wright del New Yorker lo definì «la versione araba del New York Post» per il taglio spesso aggressivo e sensazionalistico che facilmente prendono i suoi articoli. Forse anche per questo, il report è stato accolto con un certo scetticismo dalla maggior parte degli analisti, che lo ritengono una mera azione di propaganda saudita. L’ordine di fuggire da Damasco sono «il desiderio e la fantasia degli attivisti», ha detto al Jerusalem Post Joshua Landis, esperto di Siria e Medio Oriente dell’Università di Oklahoma.

Certo, non ci sono state smentite ufficiali dagli organi mediatici del regime siriano, ma stando alle ultime informazioni che diffuse dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, la situazione nella capitale dovrebbe essere molto diversa. AFP riporta i dati dell’Osservatorio londinese ─ che sebbene sia molto citato, non garantisce nemmeno questo un’affidabilità cristallina ─ che sostengono che gli assadisti a Damasco stiano aumentando la presa. L’esercito ha tagliato le vie di comunicazione ai ribelli di Goutha ─ il quartiere è una sorta di centro di controllo degli anti regime, ed è stato oggetto dell’atroce bombardamento chimico dell’agosto del 2013 ─ lasciandoli isolati.

Intanto domani riprenderanno a Ginevra le consultazioni separate tra le parti, di fronte al delegato Onu Staffan de Mistura: ma è difficile che un barlume d’accordo sarà raggiunto. La guerra proxy siriana vede troppi attori impegnati, e mentre l’Iran, diplomaticamente ripulito dal deal sul nucleare, parteciperà ai negoziati, i sauditi si difendono con campagne mediatiche e aumentano le attività segrete a sostegno dei ribelli.

 @danemblog

 

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