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“Renzi uccide la democrazia scolastica”. “Intravvedo una svolta autoritaria”. “Il governo rifiuta il dialogo e non accoglie le nostre proposte”. Questi concetti sono stati espressi ieri da tre professori di non ricordo quale scuola nel corso di un servizio tv di non ricordo quale televisione.

Quelle frasi sono state pronunciate da una docente con la faccia di una persona prossima al patibolo e da un prof con codino, barba incolta e maglietta sgualcita che aveva appena finito di fare lezione.

Ma davvero il governo Renzi “rifiuta il dialogo” e uccide la “democrazia scolastica”? Vediamo.

Primo punto: non è vero, come detto dai prof. intervistati, che il governo rifiuta il dialogo; infatti ieri l’esecutivo ha incontrato una pletora di sindacati e sindacatini, forse ristabilendo la concertazione rottamata a parole (la foto in alto è emblematica).

Secondo punto: il governo non accoglie le proposte dei sindacati degli insegnanti. Vero? Falso. Il disegno di legge con la riforma dell’istruzione è atteso domani nell’aula di Montecitorio, per uscirne entro martedì 19. Nel frattempo le commissioni parlamentari hanno in parte modificato il testo. Ad esempio, sulla questione del precari, “le aperture si sono sostanziate essenzialmente in due modifiche”, si legge sul Sole 24 Ore. Ecco le modifiche: da un lato è stato stabilito che il tetto di 36 mesi per i contratti a termine sarà valido solo per i contratti stipulati dopo l’entrata in vigore della legge; dall’altro lato sono stati ripescati gli idonei del concorso Profumo 2012 (circa 6.500 docenti) che saranno assunti a partire dal primo settembre 2016 sui posti che si libereranno sull’organico dell’autonomia.

Terzo punto: il governo davvero “uccide la democrazia scolastica”? Tutto nasce dal potenziamento del ruolo e dei poteri per i dirigenti scolastici previsto dalla Buona Scuola. Eppure le commissioni parlamentari hanno ammorbidito l’impostazione iniziale, accogliendo in parte le richieste dei prof.

Esempio: sono confermati i 200 milioni per il merito degli insegnanti, ma sono cambiate le modalità per la loro attribuzione. Infatti la scelta dei docenti da premiare continuerà a spettare al preside che dovrà tenere conto però dei criteri fissati da un nuovo organismo; il comitato di valutazione che sarà formato da due docenti e da due genitori (un docente e un genitore alle superiori); il comitato si pronuncerà anche sul periodo di prova dei prof, sintetizza l’agenzia Ansa.

Dov’è, perbacco, la “svolta autoritaria” se pure i genitori devono mettere becco per valutare il merito dei docenti quando sovente non sanno neppure educare i figli? E’ o non è un residuo di assemblearismo questa idea che per valutare i prof si debbano allestire comitati e tavoli?

E perché si ascoltano tristi proclami sulla “democrazia scolastica uccisa dal governo”? Ecco che cosa (non) potrà fare il preside. In commissione parlamentare la maggioranza è andata incontro alle richieste dei sindacati. Ad esempio stabilendo che il piano dell’offerta formativa (Pof), recepirà gli indirizzi del preside ma sarà elaborato dal collegio docenti e approvato dal consiglio d’istituto.

Dove sono, dunque, i dirigenti-dittatori?

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