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Che cosa sia stata la cosiddetta Tangentopoli e che cosa sia la corruzione che oggi emerge a visibilità è assai difficile dire. Certo sono fenomeni diversi e per taluni versi costitutivamente diversi quanto a struttura e a soggetti che nei loro comportamenti questi due fenomeni sociali inverano. Vediamo.

La corruzione che si sviluppò negli anni Novanta, come mi sforzai di dimostrare nel mio Cleptocrazia. Il meccanismo unico della corruzione tra economia e politica, Feltrinelli, 1994 (testo tradotto in più lingue ma mai più ristampato in Italia), quel fenomeno corruttivo non fu un fenomeno di mala politica come si disse sino a convincere di una non verità i più. Fu, invece, un segmento dell’intersezione dell’Italia nel percorso di una globalizzazione subalterna di cui essa fu oggetto. La condizione affinché quella subalternità s’inverasse fu l’emersione dall’invisibile al visibile della corruzione sistemica che si propagava e si riproduceva da sempre nell’Italia repubblicana senza che mai l’ordine giudiziario avesse espresso una volontà d’intervenire sotto l’usbergo dell’obbligatorietà dell’azione penale. Improvvisamente, a partire da fenomeni locali, emerse l’Atlantide della corruzione sistemica.

Il processo era semplice e lineare. I partiti di massa costituivano il fattore di sostituzione di uno Stato debole e garantivano il rapporto tra centro e periferia. Così facendo governavano i processi decisionali principali del nation building. Al monopsonio dell’offerta discrezionale del processo autoritativo in economia (a cui partecipavano tutti i partiti in proporzione attentamente regolata dalla rappresentatività elettorale, indipendentemente dai finanziamenti che provenivano da Oltreoceano o da Oltrecortina o regolarmente da logge repubblicane e confindustriali) corrispondeva l’associarsi occulto delle imprese grandi e piccole, così da occupare i mercati imperfetti collusivamente.

Collusivamente sia nel rapporto con la Pubblica amministrazione sia in tutte le relazioni economiche che non fossero autoreferenziali nei nodi dell’industria e dei servizi. Le imprese corruttrici fornivano il combustibile monetario all’azione politica atta a consentire la prima detta collusione dei mercati. Il finanziamento occulto dei partiti e dei loro rappresentanti garantiva quell’occlusione e quella collusione. La circolazione della classe politica ben oleata dalle risorse private garantiva l’emersione non delle imprese più efficienti, ma di quelle più in grado, per capacità di spesa e per patrimonio relazionale, di occupare gli spazi economici che via via si creavano e che consentivano in tal modo la riproduzione della poliarchia. I costi per far ciò erano ingenti: per lo Stato e quindi si aumentava la spesa pubblica; per i privati deboli che soggiacevano ai privati forti e anche per quelli che praticavano a loro vantaggio la collusione e l’occlusione dei mercati.

I costi lievitavano e i partiti riproducevano se stessi mentre si gonfiavano gli effettivi delle classi medie e interstiziali di coloro che vive-vano di tali mediazioni. Tutto ciò si fondava su alti gradi di statizzazione da un lato e su bassi gradi di liberalizzazione dei mercati privati dall’altro. Ciò era incompatibile con la necessaria apertura dei mercati consustanziale alla globalizzazione. La magistratura improvvisamente mosse all’attacco e assunse un ruolo che prima nella sua storia mai aveva ricoperto: divenne autonoma dai partiti di governo acquistando un potere inaudito. Lo spirito di rivalsa e il demagogismo della presunzione di colpevolezza anziché di innocenza proliferò sino a giungere alla distruzione della classe politica che non si era schierata con la magi¬stratura. I giovani turchi post-Nattiani dell’ex Pci e un settore dell’ex sinistra democristiana, che scelsero di schierarsi con la magistratura e di valorizzare con il suo ruolo le loro fortu¬ne, furono salvati dall’eliminazione per via carceraria. I nuovi partiti che sorsero dalle ceneri dei vecchi si allearono ma per un tempo troppo breve con il potere giudiziario (la Forza Italia degli inizi…).

E poi la collocazione internazionale dell’Italia e il mutamento dei rapporti di forza in Europa tra nazioni e tra subculture politiche travolsero anche i tentativi di trovare un equilibrio tra potere giudiziario e nuove forze politiche egemoniche a livello internazionale: i socialisti governaro¬no quindici Paesi europei ma l’unico partito socialista che fu distrutto dalla magistratura fu quello italiano per le posizioni espresse da Bettino Craxi in merito alle privatizzazioni e ai rapporti con gli Usa. Lo stesso tentativo di distruzione fu operato contro i mitterandiani in Francia, ma questi risposero con una forza di resistenza e di coesione nazionale inaudita. Non così riuscì a fare un uomo come Helmut Kohl. I nessi nazione internazionalizzazione sono ancora una volta essenziali: Tangentopoli fu un’episodio dell’inserzione subalterna dell’Italia nella globalizzazione.

La corruzione di oggi, invece, si propaga in un sistema dei partiti che come meccanica nazionale non esiste più. Oggi esistono partiti personali o neo caciquisti, ossia fondati da e su capi corrente: finanziati da elementi del potere situazionale di fatto in economia. Generalmente il potere economico che finanzia e sostiene i nuovi capi caciquisti riceve in cambio prebende e sostegni nella rete dei poteri pubblici occulti. Non sono occulti solo i due capi caciquisti che rappresentano l’alfa e l’omega della rete dei poteri personali: Carlo De Benedetti e i suoi seguaci da un lato e Silvio Berlusconi dall’altro con i suoi fedeli. Non va sottaciuto il fatto che questo nuovo potere poliarchico-caciquistico essi avrebbero voluto trasformarlo in potere spartitorio e non potere da amico-nemico. Mi riferisco al progetto di creare un fondo pubblico di investimento cogestito che affiorò alla visibilità nell’estate di alcuni anni orsono e che fu reso inutilizzabile per il fondamentalismo che seguaci e fedeli rispettivamente, ma soprattutto i seguaci privi di idee che non fossero quelle della logica oppositiva identitaria e fondamentalistica opposero al progetto.

Il tentativo fallì anche e soprattutto per l’intervento del potere non più ordine giudiziario che in quel tentativo vedeva il preludio della riforma delle carriere e la costituzionalizzazione reale dell’ordine giudiziario e la fine dello stato di eccezione che dura in Italia da Tangentopoli ai giorni nostri. La corruzione di oggi non è un sistema: è una caccia peristaltica alla profittevole occasione illegale di guadagno nel degrado dello spirito pubblico e nella crescita di umori neo-autoritari nelle grandi masse declassate dell’impiego pubblico e delle classi un tempo medio-alte. La corruzione di oggi e il modo con cui si lotta contro di essa con il proliferare di regole non condivise e con folle che invocano la ghigliottina e che calpestano il principio costituzionale dell’immunità parlamentare e della presunzione di innocenza e che si fonda sula politicizzazione a sinistra della magistratura è la tragedia di Tangentopoli che si trasforma in farsa, nell’assenza di una regolazione internazionale eterodiretta del fenomeno. Così la tragedia si trasforma in farsa. Ma di farsa si può morire.

 

 

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