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Perugia ─ La responsabile della comunicazione strategica del dipartimento di Stato americano, si è lanciata contro un pezzo del New York Times a firma del capo dei corrispondenti da Washington David Sanger (giornalista esperto in sicurezza nazionale e politica estera). Tra i due è nato un siparietto su Twitter, con Harf che ha risposto cinque volte a un tweet di Sanger, indicando ciò che secondo lei non andava nel pezzo e concludendo ogni tweet con un ripetitivo «not true» (“non vero”) ─ sembrava un troll.

A parte le note di colore, i fatti. Lunedì 1 giugno è uscito sul NyTimes un articolo in cui si sosteneva che l’Iran aveva aumentato la quantità del proprio combustibile nucleare negli ultimi 18 mesi. Il pezzo si poggia su un report degli ispettori internazionali dell’IAEA (l’Agenzia internazionale per l’energia atomica), report che è disponibile in rete in versione .pdf ed è stato diffuso venerdì scorso.

In questo anno e mezzo, l’Amministrazione Obama si è fortemente impegnata nei negoziati sul nucleare di Teheran, raggiungendo una sorta di accordo quadro che dovrà essere reso definitivo entro giugno ─ e già di per sé è intriso di problemi. Ora il fatto che in realtà gli iraniani stanno procedendo con la produzione di combustibile atomico, sarebbe un pessimo segnale, che andrebbe a smentire in modo clamoroso le affermazioni sull’impegno dell’Iran, che parte proprio dall’annunciato «congelamento» del programma nuke in questi mesi di negoziati ─ inutile aggiungere che i dubbi e i problemi che il deal si porta dietro, prenderebbero una spinta a reazione se il report fosse confermato.

In pratica il presidente Obama, che sull’accordo con l’Iran ha fissato un nodo centrale della sua legacy, si troverebbe costretto a convincere in questi ultimi 27 giorni il Congresso e gli alleati che l’Iran accetterà di ridurre la gran parte delle proprie riserve nucleari nel giro di pochi mesi dopo l’accordo, anche se continua a produrre nuovo uranio arricchito e ha incrementato la velocità di produzione delle proprie scorte.

Secondo il quadro noto dell’accordo, l’Iran potrà mantenere circa 300 kg di uranio arricchito ─ meno di quello necessario per produrre una sola arma. Questo significa che ci sono circa 9 tonnellate di materiale nucleare di cui i mullah dovranno sbarazzarsi. Ammesso che vorranno farlo: perché l’aumento delle produzione non è il primo segnale di diniego; già a marzo qualcuno tra i negoziatori aveva escluso questa intenzione. Dell’eliminazione delle scorte, hanno parlato il segretario di Stato americano John Kerry e l’omologo iraniano Jawad Zarif sabato scorso a Ginevra.

Le nuove produzioni fanno parte del tipo di uranio a “basso arricchimento” che viene usato come combustibile nucleare e non per fini bellici. Secondo il New York Times non è chiaro se questa nuova produzione è il frutto di un errore tecnico durante la procedura di conversione (operazioni prevista dagli accordi, come altre che Teheran sta portando avanti) dell’uranio a più alto grado di arricchimento, quello più vicino al livello “da bomba”, oppure si tratta di un’operazione di ostruzionismo politico.

Marie Harf in una conferenza stampa “pre-Twitter” s’è detta perplessa di quello che è stato pubblicato dal NyTimes, e ha definito le principali informazioni dell’articolo «del tutto inesatte». Ha contestato per primo il fatto che gli esperti occidentali e quelli del team di negoziazione americano non fossero a conoscenza degli incrementi ─ come invece era scritto nel pezzo ─ aggiungendo che comunque questo non è un problema, perché l’Iran ha accettato di ridurre le proprie scorte dopo la firma sull’accordo definitivo.

(E un po’ sembra di sentire il generale Allen, Special Presidential Envoy for the Global Coalition to Counter ISIL, che oggi in conferenza stampa ha detto che la Kateb Hezbollah, Badr Org e Asaib Ahl al Haq, non fanno parte di Hashed al Shaabi, l’entità ombrello delle milizie sciite che combatte il Califfato al fianco del governo iracheno e che è mossa dall’Iran. I tre gruppi di cui parla Allen sono famigerati, perché in passato, ai tempi della guerra d’Iraq, avevano attaccato più volte i militari americani: per questo Allen “tende ad escluderle” dalla coalizione che aiuta Baghdad contro l’IS. Ma Allen sa bene che quello che dice non corrisponde troppo alla realtà, in quanto sono proprio Kateb Hez, Badr e al Haq tre dei motori principali delle milizie sciite riunite. Solo che agli USA non fanno comodo, e così si passa l’informazione che non stanno in Hashed: un po’ come dire che non è vero il rapporto IAEA).

Tuttavia le affermazioni di Harf sono in contrasto con quanto detto dal portavoce della Casa Bianca Josh Earnest che durante un briefing con la stampa, il 2 marzo scorso, dichiarò che durante i colloqui l’impegno dell’Amministrazione è riuscito «a fermare il progresso dell’Iran nel settore nucleare» e ad ottenere «il rollback in diversi settori chiave, tra cui la riduzione e l’eliminazione delle loro scorte di uranio arricchito».

@danemblog

(Foto: Internet)

 

 

L'Iran sta aumentando il proprio combustibile nucleare? (Al netto delle uscite della Harf)

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