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Articolo estratto dalla Geopolitical weekly del Centro Studi Internazionali

Martedì 3 marzo il premier israeliano Benjamin Netanyahu, parlando al Congresso degli Stati Uniti, ha ribadito la netta contrarietà di Israele a qualsiasi forma di concessione all’Iran sul nucleare. Secondo Netanyahu, i termini dell’intesa con Teheran, che i così detti P5+1 (Usa, Uk, Francia, Russia, Cina e Germania) dovrebbero siglare entro giugno, non impedirebbero all’Iran di sviluppare un programma nucleare di natura militare.

L’intervento di Netanyahu, invitato da alcuni senatori repubblicani senza il consenso della Casa Bianca, è stata solo l’ultima dimostrazione dell’ormai conclamato raffreddamento dei rapporti tra Israele e l’amministrazione Obama. Giunto negli Stati Uniti a pochi giorni dalle elezioni parlamentari in Israele, Netanyahu non è stato ricevuto né dal presidente Obama né dal segretario di Stato John Kerry, principali promotori dell’apertura politica verso Teheran ed entrambi contrari alla vista ufficiale del Premier israeliano.

Il dialogo sul nucleare iraniano, infatti, negli ultimi mesi ha registrato significativi passi in avanti. I punti principali su cui non c’è ancora un’intesa definita riguardano il completo stop dell’arricchimento e la piena accessibilità delle strutture agli osservatori internazionali auspicati da Obama.

Il protrarsi dei negoziati, posposti nei mesi scorsi ogniqualvolta non si trovava un accordo così da evitare di irrigidire le posizioni, indica la comune volontà americana e iraniana di chiudere il dossier con un’intesa soddisfacente per entrambi, il cui raggiungimento rappresenterebbe un altro passo nel percorso di riavvicinamento fra i due Paesi. Un accordo sul nucleare permetterebbe di proseguire e approfondire il dialogo fra Usa e Iran per affrontare altri dossier rilevanti in ambito regionale, in primis la lotta contro lo Stato Islamico in Siria e in Irak.

Dunque, la scelta del premier israeliano di intervenire al Congresso, nonostante il dissenso della Casa Bianca, potrebbe segnalare l’urgenza da parte degli oppositori all’apertura verso Teheran di contrastare ulteriori sviluppi positivi. Il discorso di Netanyahu al Congresso, infatti, potrebbe incentivare la maggioranza repubblicana a calendarizzare il voto sulla recente e tanto discussa proposta di legge che mira a imporre unilateralmente nuove sanzioni contro l’Iran.

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