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L’avvio, il prossimo 9 marzo, del Quantitative Easing da parte della Bce, con la prospettiva di un acquisto di titoli sul mercato per un controvalore di 60 miliardi di euro mensili, si cala in un contesto italiano di debolissima tendenza al miglioramento del Pil. E’ necessario, quindi, focalizzare quanto più possibile le criticità e le tendenze positive del nostro sistema economico, al fine di offrire alla Bce ed alla Banca d’Italia una strategia che allinei e renda quanto più possibile coerenti i due fronti, l’economia reale e gli interventi finanziari, evitando che le singole iniziative delle imprese e gli investimenti pubblici si disperdano al di fuori di un quadro organico rispetto alle potenzialità di finanziamento offerte dal Qe.

Una analisi attenta delle recenti dinamiche della economia italiana rappresenta il presupposto necessario per una operazione che deve essere organica, trasparente e coerente: la liquidità immessa dalla Bce deve arrivare il più rapidamente possibile all’economia reale, nella logica che ha ispirato le T-Ltro. Sia per evitare bolle sui mercati finanziari e nel settore immobiliare, sia per scoraggiare un deflusso verso altri mercati. E’ ben noto, infatti, che molte imprese americane hanno già emesso una consistente quantità di titoli di debito in euro: sarebbe del tutto improvvido che li si acquistasse con le risorse del Qe, perché si finanzierebbe solo un carry trade, senza alcun impatto positivo per l’economia europea.

In Italia, il 2014 si è chiuso ancora in negativo, con un Pil calato dello 0,4%. Nel confronto tra l’ultimo trimestre dell’anno scorso ed il corrispondente periodo del 2013, il calo è stato dello 0,5%. Il segnale positivo, invece, è rappresentato dallla stazionarietà del Pil tra il quarto ed il terzo trimestre del 2014. Le previsioni di inizio 2014 erano assai più ottimistiche: il Def di aprile valutava la crescita del Pil al +0,8%, le esportazioni al +4%, gli investimenti fissi lordi al +2% (di cui, macchinari al +4,2% e costruzioni al 0,5%). Al lordo degli arrotondamenti, il contributo alla crescita sarebbe derivano dalle esportazioni nette per lo 0,5% e per un analogo 0,5% dalla domanda interna. La variazione scorte avrebbero pesato per -0,1%. Il cambio del dollaro era stimato ad 1,34 ed il prezzo del barile di petrolio a 104,7 dollari. A fine settembre, l’aggiornamento del Def prendeva atto del deterioramento: il Pil virava in negativo al -0,3%, le esportazioni si dimezzavano arrivando al +1,9%, mentre gli investimenti calavano del 2,1% (di cui, macchinari -1,4% e costruzioni -2,8%). Il contributo alla decrescita del Pil sarebbe derivato da un +0,1% delle importazioni nette cui si contrapponeva un -0,3% della domanda interna. La variazione scorte avrebbe pesato ancora solo per -0,1%. I dati di chiusura d’anno sono stati peggiori. Nell’ultimo trimestre del 2014 la contrazione degli investimenti fissi lordi è stata del 3% (di cui, -1% in macchinari e attrezzature, -6,8% per i mezzi di trasporto e -4,1% nelle costruzioni). Il raffronto con il terzo trimestre del 2014 mostra invece una ripresa congiunturale del +0,2%.

Rispetto al 2008, gli occupati netti sono diminuiti di circa un milione, con le perdite concentrate nel settore manufatturiero, con -631 mila unità, di cui 127 mila nel settore del tessile ed abbigliamento. Il settore delle costruzioni è stato falcidiato, con -410 mila unità, perdendo un quarto degli occupati, passati da circa due milioni di untà a poco più di un milione e mezzo. Infine, c’è il settore complessivo del commercio, riparazioni auto, alloggio e ristorazione, con -132 mila unità.

Nel settore delle costruzioni, gli investimenti fissi lordi a prezzi costanti sono passati dai 169 miliardi di euro del 2010 ai 131 miliardi dell’anno scorso; ipotizzando una stazionarietà degli investimenti, la perdita accumulata è stata di circa 96 miliardi di euro.

La percentuale dell’export sul Pil è cresciuta di 4 punti, passando dal 25% del 2010 al 29% dello scorso anno. Al contrario, la percentuale dell’import è scesa di un punto, passando dal 27% al 26%.

C’è un problema di efficienza del settore pubblico, di controllo delle spese e del deficit, ma soprattutto di tenuta e di crescita dell’economia reale. I temi sono ben noti, le criticità e le potenzialità altrettanto. La ripresa di cui si parla può essere messa in discussione già a metà anno, quando si capirà se i tagli alle spese della Pubblica amministrazione sono stati effettuati o se invece scatteranno le clausole di salvaguardia previsti nella legge di Stabilità per il 2015, con aumenti di imposte a raffica.

Da questo mese e fino a settembre del 2016, la Bce autorizzerà la Banca d’Italia ad acquistare titoli di debito, pubblici e privati, immettendo nuova liquidità. Vanno acquistati titoli che hanno già come sottostante interventi a favore dell’economia reale, e vanno effettuati a condizione che il venditore si impegni a reimpiegare il provento in ulteriori investimenti finalizzati alla crescita economica. Nella attuazione del Qe, serve trasparenza nei metodi, chiarezza sui beneficiari ed organicità negli obiettivi: vista la posta in gioco, è il minimo che si possa pretendere.

Effetto Draghi sul Pil italiano?

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