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Giorgia Meloni ha dimostrato coerenza, uscendo dalla Belt and Road Initiative, ribadendo un chiaro posizionamento dell’Italia sullo scacchiere internazionale. Il fatto che questo passo indietro non sia stato troppo sbandierato è un buon segno: è materia che va gestita con cautela”. Beniamino Quintieri, presidente della fondazione Tor Vergata, docente di economia e finanza internazionale nonché membro dell’associazione Italia-India, vede di buon occhio l’iniziativa intrapresa dall’esecutivo. Non manca, tuttavia, di mettere in guardia sulle “possibili ripercussioni” che potrà avere questa decisione, ma al contempo riflette sull’opportunità per l’Italia di rafforzare il legame con l’India.

Partiamo da una valutazione oggettiva: il memorandum non ha portato i benefici (anche economici) sperati. Non è così?

Sì, e questo è un dato sul quale Meloni ha potuto rafforzare il suo orientamento di uscire dal memorandum. Un numero su tutti, in questo senso, è indicativo: il commercio internazionale tra Italia e Cina ha subito un incremento di 22 miliardi di dollari. Di cui diciotto di esportazioni cinesi verso l’Italia. Numeri, questi ultimi, che ci sarebbero stati a prescindere dall’adesione del nostro Paese alla Belt and Road. Poi, evidentemente, cambiando lo scenario internazionale – acuito dai conflitti – sono arrivati i forti pressing internazionali. In particolare da parte degli Stati Uniti.

Quest’ultimo fattore come ha inciso?

La premier ha confermato il posizionamento pienamente Occidentale del nostro Paese. Peraltro va detto che la percezione della Belt and Road, specie negli ultimi anni, aveva perso grandemente di “appeal”, dal momento che non aveva portato risultati concreti. La Bri era nata, fra l’altro, con l’obiettivo di creare raccordi e infrastrutture alternative di interscambio tra Occidente e Cina con l’ottica di rafforzare le catene di valore in particolare verso Est.

Quali potrebbero essere le potenziali ripercussioni di questa decisione?

La Cina è uno fra i maggiori detentori di materie prime critiche, fondamentali per la realizzazione di strumenti tecnologici all’avanguardia. Il Dragone, per motivi politici, potrebbe anche decidere di creare qualche problema per l’export di questi materiali. Ed è per questo che non aver fatto troppi schiamazzi su questo passo indietro è tatticamente intelligente.

Ora l’Italia, anche alla luce del partenariato strategico, sta rafforzando i suoi rapporti con l’India. Come vede questa traiettoria? 

L’India è il Paese che vorrebbe in qualche modo prendere il posto della Cina nei rapporti con l’Occidente più in generale. Tuttavia sconta un gap notevole. Se, infatti, dal punto di vista del terziario avanzato è uno fra i Paesi più avanzati del Mondo, l’industria manifatturiera è particolarmente arretrata. Tant’è che il ruolo dell’India nelle catene di valore internazionale, fino a ora, è stato piuttosto trascurabile. Però ora Narendra Modi ha intenzione di riposizionare il Paese come player privilegiato sullo scacchiere internazionale.

E questa potrebbe essere un’opportunità per il nostro Paese?

Certo che lo è. Fino a oggi i rapporti con l’India non sono stati particolarmente solidi dal punto di vista commerciale. Anche perché l’India ha guardato sempre di più al mondo anglosassone. È evidente che se Modi ha intenzione di investire sulla manifattura, per l’Italia si apre una partita molto interessante: in particolare sulla meccanica strumentale. L’export di macchine utensili, per noi sarebbe una grande opportunità.

Lasciata la Bri, ora l'India è l'opportunità per l'Italia. Parla Quintieri

L’uscita dal memorandum decisa dal governo e gestita con cautela, è stata positiva per il posizionamento geopolitico dell’Italia. L’India sta tentando di prendere il posto della Cina nei rapporti con l’Occidente. E per l’Italia, specie sull’export, potrebbe essere una bella opportunità. Conversazione con Beniamino Quintieri, presidente della fondazione Tor Vergata, docente di economia e finanza internazionale nonché membro dell’associazione Italia-India

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