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Il calo del 60% nel prezzo del petrolio avrà un significativo impatto sul Pil dell’Italia. Lo scrivono gli analisti di Mediobanca Securities in un report pubblicato il 15 gennaio. “L’impatto – scrivono gli analisti – sarà tanto più elevato su quei Paesi con la bolletta energetica più alta, che ha storicamente rappresentato una grande zavorra per la crescita del Pil. Sulla base della nostra analisi di correlazione, il principale beneficiario dello scenario attuale sarebbe l’Italia, con un avanzamento di 50 punti base per il Pil reale”. L’Italia sarebbe stata seguita dalla Spagna, con un contributo di circa 30 punti base sul prodotto interno lordo. L’impatto sarebbe trascurabile per l’intera Eurozona (-0,1%), ma piuttosto negativo per la Germania (-1,1%), la Francia (-0,7%) e il Regno Unito (-0,7%).

PIL USA IN PERICOLO
Gli Usa sono invece la vittima di questo movimento al ribasso nei prezzi dell’oro nero. “Il maggior effetto deflazionistico, direttamente attraverso i cambiamenti delle componenti energetiche negli indici di inflazione, e indirettamente attraverso i minori costi di ingresso per la produzione di altri beni e servizi, è prevista negli Stati Uniti. Per ogni calo di 10 dollari nel prezzo del barile Wti l’inflazione headline subisce un calo di 60 punti base”. Nei Paesi dell’Unione europea l’impatto sull’inflazione è inferiore (40 punti base) e lo è in particolare in Italia (30 punti base), soprattutto “a causa dell’elevato livello delle accise che mitiga gli effetti negativi della deflazione importata”.

I SODDISFATTI
Mediobanca Securities indica le aziende italiane che beneficeranno del crollo del petrolio e quelle che invece ne soffriranno. Tra la aziende gongolanti ci sono quelle del settore dei trasporti, dell’auto e del cemento. “Atlantia e Sias – scrivono gli analisti – dovrebbero beneficiare di un impatto positivo sul giro di affari disponibile, mentre Fca si avvantaggerà di prezzi della benzina più bassi negli Stati Uniti, con un miglior mix di prodotto (più Suv a scapito dei veicoli a basso consumo)”. Grossi risparmi nei costi fissi di aziende energivore come i cementieri di Italcementi e Buzzi.

CHI PIANGE
D’altra parte, il calo dei prezzi ha iniziato ad avere a dicembre 2014 un impatto sul prezzo marginale del gas per i leader del mercato dell’energia elettrica italiana, aggravando una tendenza già in declino. “Le aziende più negativamente influenzate da questa situazione sono i produttori di energia elettrica, ovvero Enel e A2a – scrivono ancora gli analisti”. Ed è abbastanza ovvio che i titoli “più negativamente influenzati siano quelli con un correlazione diretta per l’industria petrolifera – continua il report – cioè Eni, Saipem, Tenaris e in parte Trevi. Stiamo tagliando le nostre stime di Eps 2015-2016 in media del 27%, sulla base della previsione che il prezzo medio del brent sarà di 60 dollari al barile in questo anno”. Tra i petroliferi domestici, si salva Saras che “dovrebbe beneficiare di costi di approvvigionamento inferiori, con un miglioramento dei margini di raffinazione”.

Atlantia, Italcementi e Sias. Chi festeggerà (e chi no) per il petrolio a basso costo secondo Mediobanca Securities

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