Skip to main content

Ancora 48 ore e poi il G7 a trazione italiana accenderà ufficialmente il motore. Nel gergo delle corse si chiama warm up, sorta di riscaldamento di macchina e piloti. Sabato i grandi della Terra si riuniranno per cominciare a puntellare l’agenda, in vista dell’appuntamento, ben più importante, del prossimo giugno, in Puglia. E il primo dossier decisamente caldo, è l’Ucraina, come dimostra la presenza al vertice di sabato, del presidente Volodymyr Zelensky (oltre che di Ursula von der Leyen e Charles Michel). Tra le varie questioni, i leader toccheranno quella degli asset congelati alla Russia, ovvero tutti quei beni di proprietà della Banca centrale russa ma detenuti all’estero.

Come raccontato da Formiche.net in più riprese, Stati Uniti ed Europa stanno tentando di convergere sulla monetizzazione degli asset  immobilizzati nel territorio dell’Ue, principalmente detenuti presso due società: Euroclear, in Belgio e Clearstream, in Lussemburgo. L’idea è quella di trarne del profitto per finanziare la ricostruzione dell’Ucraina e l’ipotesi che circola con insistenza sarebbe quella di consentire a Kyiv di emettere bond zero coupon, senza cedole periodiche ma con interessi pagati tutti insieme al momento della restituzione del prestito, che avrebbero come garanzia gli asset della banca centrale russa congelati in Europa. Asset che valgono circa 250 miliardi di euro. Questa soluzione ha però il vantaggio di raccogliere denaro ora e rimandare la questione di cosa fare degli asset russi a un non meglio precisato futuro.

Ma ci sono i dubbi della stessa Euroclear, che detiene la parte più consistente, 191 miliardi degli oltre 200 miliardi di dollari di titoli internazionali che sono stati congelati alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina e per la quale usare i titoli della Banca centrale russa per garantire i bond rappresenterebbe una palese violazione del diritto internazionale. Ed è proprio questo il nodo che dovrà sciogliere il G7 di cui Giorgia Meloni sarà padrona di casa, consapevole del fatto che rinunciare all’operazione vorrebbe non solo mandare un messaggio di resa al Paese invaso dalla Russia, ma anche negare risorse di cui Kyiv, a guerra finita, avrà un disperato bisogno. Certo, la spinta in tale direzione non manca, come dimostra un report dello European council of foreign relations, il primo think tank pan europeo, nato nel 2007 e con sede a Berlino, ma che unisce sette capitali europee, pubblicato proprio nelle ore antecedenti la riunione del G7. E che sembra mandare un messaggio ai leader delle economie più avanzate.

“Alcuni economisti e politici hanno sollevato preoccupazioni sui rischi di una confisca dei beni russi. I politici, ad esempio, spesso invocano la dimensione giuridica per giustificare le loro obiezioni, sostenendo che violerebbe il diritto internazionale ed eroderebbe la protezione fondamentale dei beni sovrani. Tuttavia, diversi gruppi di giuristi internazionali hanno proposto opzioni per una confisca legale, legittima e giusta. Le loro argomentazioni si basano sulle norme internazionali esistenti sull’autodifesa collettiva e sul principio delle contromisure”, si legge.

“I funzionari su entrambe le sponde dell’Atlantico, soprattutto in Europa”, mettono in chiaro gli esperti dell’Ecfr, “temono anche che una confisca dei fondi sovrani russi creerebbe un precedente che potrebbe dissuadere i Paesi dal depositare i propri fondi negli Stati Uniti e in altri paesi del G7, la cosiddetta de-dollarizzazione. Ma la de-dollarizzazione è una tendenza a lungo termine, che era già in atto prima delle sanzioni contro la Russia e continuerà indipendentemente dal sequestro degli asset. Nonostante i beni russi siano stati congelati per due anni e le sanzioni in corso, non si è verificato alcun aumento significativo nella de-dollarizzazione”.

Conclusione? “Si teme una ritorsione da parte di Mosca. Ma è fin troppo chiaro che Mosca dovrebbe essere ritenuta responsabile e punita per la sua guerra di aggressione contro l’Ucraina. Ma le ragioni della confisca vanno oltre questo argomento morale. Questi fondi potrebbero aiutare l’Ucraina a respingere l’aggressione russa e a ricostruire e un’azione del genere da parte dell’Occidente potrebbe dissuadere altri stati aggressivi con tendenze simili dal seguire l’esempio di Mosca. Per questo, nel valutare i rischi di una confisca, è necessario considerare anche i rischi derivanti dalla mancata confisca dei beni sovrani russi. Il rischio di non confiscare i beni e le conseguenze di ciò per il futuro dell’ordine internazionale sono chiaramente molto maggiori dei rischi derivanti dalla monetizzazione degli asset”. Messaggio al G7: tiri dritto senza guardare indietro.

Sugli asset russi l'Ecfr suona la carica per il G7 italiano

Sabato durante la prima riunione del G7, alla presenza del presidente ucraino Zelensky, si comincerà a discutere di come far fruttare i beni sequestrati al Cremlino. Nell’attesa di capire quale sia la via più sicura, una cosa è certa secondo il primo think tank paneuropeo: guai ad avere ripensamenti

Cosa c'è alle origini del no della sinistra al ponte sullo stretto. L'opinione di Ippolito

Il ponte sullo stretto è, senza dubbio, un progetto ambizioso; si può sicuramente discutere sulla sua priorità rispetto ad altro e sul modo di attuarne lo scopo. Ma boicottarne ideologicamente il programma infrastrutturale per via giudiziaria, costituisce un’assurdità pratica e un’incoerenza metafisica. L’opinione di Benedetto Ippolito

Due anni di guerra a Kyiv, c'è la medaglia celebrativa della Zecca

Realizzata da Poste e Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, l’iniziativa sottolinea la vicinanza del governo italiano alla causa ucraina anche da un punto di vista celebrativo, oltre che politico. Saranno in vendita da sabato 24 febbraio, giorno in cui cade l’anniversario, con l’obiettivo di raggiungere il mezzo milione di euro, pari a 7800 pezzi

L'eroismo delle sessantamila donne ucraine. Un altro motivo per la difesa europea

Le voci dall’inferno di chi, ancora, dopo due anni combatte per la libertà della propria nazione. Le testimonianza della deputata e dell’attivista ucraine ieri all’evento organizzato da Gelmini e Quartapelle in Senato

Limitare i mandati dei governatori è questione di principio. Lo diceva anche Salvini

Non c’è democrazia occidentale che non presupponga un limite temporale al potere scaturito dalle cariche elettive monocratiche, potere che naturalmente non è paragonabile a quello del singolo parlamentare. Il commento di Andrea Cangini

Così Mediterraneo allargato e Indo Pacifico si integrano nell’IndoMed e MedAtlantic

Durante un panel del Raisina Dialogue di New Delhi, esperti da Europa e Golfo ragionano su quanto sia cruciale l’interconnessione tra Mediterraneo allargato e Indo Pacifico. Emergono sempre più contenuti nei concetti di IndoMed e MedAtlantic, perché sempre più Paesi nel mondo sono interessati alla connettività interregionale

Finanza verde, Pechino tenta l’allineamento a Bruxelles. Ecco perché

Le maggiori società cinesi dovranno attenersi a nuove misure di trasparenza dal sapore europeo. La mossa cinese vuole rendere più fluido il commercio e attrarre investimenti esteri. Ma anche le nuove regole cadono nelle contraddizioni del “comunismo con caratteristiche cinesi”

Fentanyl, l'emergenza in Italia (ancora) non c'è. Ma la guardia è alta. Parla Strano Rossi (Unicatt)

La diffusione del Fentanyl in Italia non è ancora un problema come negli Usa, ma l’attenzione è molto alta. Si tratta di un oppioide che agisce sul sistema nervoso ma, differentemente dalla cocaina e dall’eroina, è molto più potente e il rischio di overdose è altissimo. Conversazione con la tossicologa forense di Unicatt, Sabina Strano Rossi

Imec, la strada che l’Italia deve imboccare. Scrive Rizzi (Ecfr)

Di Alberto Rizzi

Il Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa rappresenta un’occasione fondamentale per rafforzare il ruolo di Roma come centro di connettività e di aggiungere al progetto di hub energetico con il Piano Mattei una dimensione legata al commercio di beni. L’analisi di Alberto Rizzi, visiting fellow presso lo European Council on Foreign Relations

Rutte, strada spianata verso la Nato? Ecco cosa fa l’Italia

Politico rivela: il premier olandese ha l’ok di due terzi dei Paesi alleati, Usa compresi, per succedere a Stoltenberg. Al suo fianco anche Meloni, grazie al rapporto costruito nei viaggi a Tunisi sul dossier migranti

×

Iscriviti alla newsletter