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“Il mondo delle cooperative è ad alto rischio di infiltrazioni criminali. Per questo i fatti accaduti a Roma con la ‘coop 29 giugno’ non mi sorprendono. Ma anche chi appalta ha le sue responsabilità”. Fabio Ferrario è un dirigente della Clo (nata nel 1937, 1.100 soci lavoratori, 45 milioni di euro di fatturato), la cooperativa dei lavoratori dell’ortomercato di Milano, snodo fondamentale del commercio di frutta e verdura per il capoluogo lombardo e il suo hinterland. L’ortomercato è un luogo ad altissimo tasso di criminalità: per decenni è stato in mano alla ‘ndrangheta e ancora oggi il pericolo di infiltrazioni è molto elevato. Ferrario è stato uno dei protagonisti al congresso a Roma di Legacoop tenuto la scorsa settimana. E dal palco non ha risparmiato critiche al sistema associativo.

Ferrario, quali sono le colpe del sistema cooperativo rispetto alle infiltrazioni mafiose?

Dobbiamo essere più attenti nei controlli. Perché certe cose sono sotto gli occhi di tutti. E solo chi non vuole vedere, non vede.

Ovvero?

Solo in Lombardia ogni anno aprono e chiudono circa 500 cooperative. Di queste almeno il 30 per cento sono fittizie, legate alla criminalità. Ed altre sono border line.

Come si può evitare tutto ciò?

Facendo controlli più approfonditi al nostro interno, incentivando meccanismi di trasparenza e stimolando la partecipazione dei soci. Quest’ultimo, forse, è il punto più importante.

Al congresso di Legacoop c’era molto imbarazzo per i fatti di Mafia capitale, ma poche autocritiche.

Perché il nostro è un sistema fondamentalmente sano, con qualche mela marcia. Che va subito espulsa, come abbiamo fatto con la “29 giugno” di Salvatore Buzzi. Ma l’autocritica è fondamentale se vogliamo migliorare le cose. Perché, purtroppo, sul nostro mondo i controlli sono pochi e il rischio di infiltrazioni criminali è alto.

Certo, non è semplice vigilare…

Tutti devono contribuire. Noi, per esempio, dobbiamo insospettirci se vediamo manager di cooperative con stipendi da favola o persone che vivono molto al di sopra delle loro possibilità. Per questo motivo ci vorrebbe un’anagrafe patrimoniale degli iscritti e un tetto alle retribuzioni dei manager. Ma le responsabilità sono anche delle società appaltatrici.

Si spieghi meglio.

Se si fa un appalto dove si dice che i lavoratori saranno pagati 14 euro l’ora, questo vuol dire tagliare fuori le coop oneste che si muovono secondo le regole. Perché così scatta una gara al ribasso che favorisce quelle legate alla criminalità, che si possono permettere di pagare così poco i loro soci. Questo è tanto più grave se l’appaltatore sono lo Stato o gli enti locali.

In questi giorni il vostro mondo è sotto accusa.

Ripeto. Al 95 per cento è un mondo pulito, il restante 5 per cento non lo è.

Alcuni vi accusano di fare troppa finanza con gli investimenti dei prestiti sociali dei soci.

Lo scopo del prestito sociale è il reinvestimento nelle attività delle associazioni. Poi una parte, il 15-20 per cento, può anche essere usata per operare sul mercato finanziario, ma sui prodotti sicuri, tipo i titoli di Stato o assicurativi. Di certo i soldi non vengono usati per investimenti a rischio o per fare finanza speculativa.

Il sistema Legacoop è ancora molto legato alla sinistra e all’ex Pci?

Il mondo della politica è sempre più lontano. E a breve ci sarà una fusione con una parte delle coop bianche. Inoltre, proprio questo congresso ha deciso di non dare più alcun tipo di contributo diretto o indiretto a partiti politici o singoli candidati.

Lei all’ortomercato negli anni ne avrà viste tante…

Purtroppo sì, per questo dico che, quando una coop ha legami strani, è facile intuirlo. Dobbiamo vigilare di più e non cercare alibi. Il resto del compito, poi, spetta alla magistratura.

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