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La recente introduzione del Turk Stream, al posto del discusso gasdotto South Stream, potrebbe far diventare la Turchia l’hub energetico per l’Europa. Un’ampia serie di grandi progetti infrastrutturali sta elevando il ruolo del paese come corridoio preferenziale per la fornitura di gas all’UE nei prossimi decenni.

Già in termini di approvvigionamento di petrolio, l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, operativo dal 2000 e in grado di trasportare 1 milioni di barili al giorno, è considerato dall’Occidente (dagli Usa), l’asse principale per l’apertura al mercato del Caspio, bypassando le rotte russe. A Ceyhan arriva anche un altro oleodotto, quello che parte da Kirkuk, e che permette al petrolio iracheno di raggiungere il mercato internazionale – e allo stesso tempo, gli 1,6 milioni di barili trasportati, danno un ruolo centralissimo ad Ankara nella politica di trasferimento del greggio dal Medio Oriente.

Il gasdotto Baku-Tbilisi-Erzurum è operativo dal 2007 e con i suoi 25 mld di metri cubi trasportati ogni anno, rappresenta la spina dorsale della Pipeline Trans-Anatolian (TANAP), progetto da 50 miliardi di dollari che aprirà il campo di Shah Deniz, in Azerbaijan, ai mercati dell’UE e diventerà l’asse da dove qualsiasi ulteriori progetti dell’Asia centrale, come il percorso Trans-Caspian, diventeranno accessibili. È l’esistenza del TANAP che permette la realizzazione dell Trans-Adriatic Pipeline (TAP), insieme con la Ionio Adriatic Pipeline (IAP), che collegherà la Turchia-Grecia-Albania-Italia e anche il Montenegro, la Bosnia e la Croazia.

Su tutto, c’è la benedizione di Usa e UE, che vedono i progetti come una via sostanziosa e percorribile, per far fronte al controllo monopolista di Gazprom nelle consegne agli Stati europei: la crisi in Ucraina, ha fatto presente all’Europa, quanto fosse importante mantenere una certa indipendenza da Mosca – in realtà, anche il gasdotto Blue Stream, made in Gazprom, passa per la Turchia ed è in via di accrescimento (arriverà a 19 miliardi annui).

Le terre turche, sono attraversate anche dal gas iraniano: il corridoio Tabriz-Ankara è attualmente operativo (14 mld annui) e potrebbe essere collegato con i sistemi di trasmissione al resto d’Europa (terzo pacchetto UE sull’energia). E non è da sottovalutare nemmeno l’interconnessione Bulgaria-Turchia, che permette il passaggio di 16 miliardi annui di gas russo, che arriva dall’Ucraina e scende a sud dai Balcani: ma se il Turk Stream sarà attivo, il percorso diventerà meno praticabile per le importazioni interne del paese.

Ankara si sta piazzando anche per ottenere la possibilità di tirare un oleodotto dai giacimenti off-shore ciprioti, sperando di attirare anche l’interesse degli israeliani.

A conti fatti, il paese guidato dal presidente Erdogan è già il vero e proprio hub europeo dell’energia essendo in grado di diversificare le forniture da Russia, Azerbaijan, Iran e in prospettiva dall’Asia Centrale, e, soprattutto, essendo il fulcro dello smistamento di questi corridoi energetici. In totale, la Turchia si trova ad avere una capacità massima nel suo territorio di circa 110 miliardi di metri cubi all’anno, con circa 3 milioni di barili di petrolio al giorno, che può anche essere ulteriormente aumentata da eventuali nuovi accordi con l’Iraq e l’Iran e dagli eventuali sviluppi positivi per quanto riguarda il Mediterraneo orientale.

Mancano ancora le infrastrutture per permettere capacità di stoccaggio di grosse dimensioni. Il primo impianto di stoccaggio sotterraneo in Turchia, con una capacità di 2,6 miliardi di metri cubi, è diventato operativo nel mese di aprile 2007 a Silivri, vicino a Istanbul. Un secondo impianto di stoccaggio sotterraneo, in Tuzgölü, Turchia centrale, con capienza inferiore, è in fase di sviluppo.

Secondo gli analisti, la Turchia entro il 2025 è destinata a diventare il più importante mercato di gas naturale: per far fronte a questo, è necessario che quelle infrastrutture, soprattutto quelle di stoccaggio, siano costruite e sviluppate. Altro aspetto appetibile, anche per investitori stranieri, correlato al ruolo di “hub internazionale”. Tutto, chiaramente, a discapito di Paesi limitrofi, come Grecia e Bulgaria, che avevano avuto nel tempo una spinta per quel che riguarda il proprio ruolo nei corridoi energetici globali.

Le strategie energetiche dell’Europa sud-orientale, spesso affidate a mercati piccoli e frammentati, saranno inevitabilmente costrette a interagire con Ankara – e a farci i conti. Per certi versi, il paese guidato da Erdogan diventerà un pilastro fondamentale per la sicurezza energetica europea.

Pilastro che poggia sul terreno liquefacibile, dell’ambiguità dimostrata nei confronti degli alleati occidentali: non ultima storia, quella dell’intervento al fianco della Coalizione internazionale contro lo Stato Islamico.

@danemblog

 

 

 

 

gas

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