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Il giovane toscano ha con boriosa – e a volte offensiva considerazione verso l’intelligenza degli italiani – presentato le linee guida triennali del documento di Economia e Finanza in una conferenza stampa surreale durata ben 95 minuti. Dopo la riunione dell’esecutivo, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha detto: “Non ci sono tagli e non c’è un aumento delle tasse. Capisco che non ci siate abituati, ma è così”. “Nel 2015  – ha proseguito Renziabbiamo ridotto tasse per 18 miliardi di euro: 10 dagli 80 euro e 8 dai provvedimenti sul lavoro. Dobbiamo aggiungerci anche i 3 miliardi di clausole di salvaguardia disinnescati: 21 miliardi in totale”.

Parole che non convincono, anzi, fanno fremere di rabbia chi i numeri ufficiali li legge correttamente. L’inevitabile previsione di ulteriori tagli al welfare locale per 10 miliardi porterà a un effetto negativo sul Pil, finanche superiore a quanto si sarebbe verificato con gli aumenti di imposte. In alternativa ai tagli al welfare locale si dovrebbe utilizzare lo spazio sotto il vincolo del 3% del rapporto deficit – Pil e incominciare a riqualificare e riallocare la spesa, prima di tutto la spesa per far funzionare la Pubblica amministrazione che ora è aumentata. Lo scenario definito dal Def implica un galleggiamento della nostra economia e disoccupazione senza miglioramenti.

E’ un problema di equità e giustizia. Renzi non dica bugie. E l’aumento delle tasse sui conti correnti? E sui fondi pensione? E il raddoppio dell’Iva sul pellet da riscaldamento? E l’imu sui terreni agricoli e le seggiovie? E le tasse sulla casa, dal 2011 addirittura triplicate? Dati Istat: nel 2014 c’è stata una pressione fiscale record al 43.5%, ora al 50%.

Il galleggiamento su antiche mediocrità usato da Renzi, cercando di nascondere le ricorrenti notizie traumatiche che ammorbano e impediscono la ripresa economica del paese, non diminuiscono l’attenzione collettiva  sulla verità della nostra  situazione che spesso si riduce nel guardare con attenzione la congiuntura, tra una sconcertante rassegnazione e un’affannosa moltiplicazione di sgarbati tentativi per sfuggire ad essa.

Ma Renzi lo ricordi una volta per tutte: non è realizzabile una ripresa di sviluppo senza un’adeguata manovra che taglia la spesa pubblica. La nostra società cambia non attraverso proclami, ma attraverso processi di transizione necessariamenti graduali e ragionevoli.

Tutto quello che manca nel Def di Renzi

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