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E’ preoccupante che il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, sia tornato giorni fa a chiedere in modo piuttosto pressante un “intervento pubblico” sulle sofferenze bancarie.

Preoccupante perché indica che ampie parti del sistema, soprattutto le banche minori, rischiano di collassare sotto il peso dei bad loans. Il problema è che ogni soluzione non di mercato appare estremamente problematica, per usare un eufemismo. Quello che lascia perplessi, tuttavia, è che da più parti si tenda e tenti di far passare questa criticità come un “fallimento del mercato”.

Parlando durante il convegno “La storia dell’IRI e la grande impresa oggi”, organizzato dalla Accademia dei Lincei, Visco ha osservato: “Per la ‘bad bank’ italiana serve “un intervento diretto dello Stato che, nel rispetto della disciplina europea sulla concorrenza, favorisca lo sviluppo di un mercato secondario” delle sofferenze bancarie” (Radiocor, 23 marzo 2015)

Frase che sembra appunto suggerire un caso di fallimento del mercato. Solo che, pur sforzandoci, noi questo fallimento non riusciamo a vederlo. Siamo d’accordo con Visco che “la crescita di sofferenze, incagli e altri prestiti non ripagati è stata determinata dalla profondità e dall’asprezza della crisi del nostro sistema produttivo”, ma questo non spiega perché apparentemente esista una così ampia forbice tra prezzo richiesto dalle banche per cedere a stralcio i crediti e quello offerto dagli intermediari specializzati.

Se si tratta verosimilmente di eccesso di offerta di sofferenze, c’è ben poco da fare. Se invece Visco ritiene che lo sconto praticato dai potenziali acquirenti sia troppo elevato, dovrebbe spiegarne i motivi strutturali. E’ uno sconto-sistema, nel senso che le procedure legali di recupero crediti di questo paese sono uno scherzo di pessimo gusto? O piuttosto si tratta del fatto che il recovery value del credito è realmente ai minimi termini per motivi oggettivi? Non è possibile generalizzare ma è difficile sfuggire alla sensazione che molte banche, soprattutto quelle minori (le Bcc, per non fare nomi), che poi sono quelle meno capaci di ricapitalizzarsi, ad esempio per la loro forma cooperativa in senso stretto, abbiano tenuto molto bassi gli accantonamenti a rettifiche su crediti.

Se le cose stanno in questi termini, da dove deriverebbe il fallimento del mercato e l’asserita imperfezione del mercato secondario da correggere? In attesa che Visco e la Banca d’Italia producano un paper nel merito di questa affermazione, sappiamo che il governo pare aver deciso di non procedere con la bad bank pubblica per problemi di aiuti di Stato (ovvio, viste le premesse, vedi qui), ma che non è neppure in grado di agire per via fiscale, ad esempio aumentando e/o accelerando la deducibilità degli accantonamenti a rettifiche crediti da parte delle banche, perché servirebbe una copertura che non abbiamo e non possiamo permetterci.

La sola proposta del governo, quella di una non meglio specificata accelerazione e “fluidificazione” delle procedure di recupero crediti (e più in generale di giustizia civile) è nel grembo di Giove e pare comunque avere tempi incompatibili con l’emergenza-piccole banche che Visco pare aver lanciato in un modo che sinceramente ci preoccupa.

C’è quindi, par di capire, una porzione tutt’altro che marginale del sistema creditizio italiano, che finora ha volato lontano dai radar, anche grazie alle proprie piccole dimensioni medie, e si è caricata di una debolezza strutturale che ora rischia di ucciderla.

(la versione integrale del post si può leggere su Phastidio.net)

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