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Guai a parlare di famiglia naturale, soprattutto se si indossa la casacca del Pd. Si rischia di finire sommersi dalle polemiche. A Faenza, terra di cooperatori ‘bianchi’, ne sanno qualcosa. La città della ceramica – governata dai democristiani tra gli anni ’50 e ’70 a differenza della ‘rossa’ Romagna – è infatti finita sotto i riflettori per l’approvazione in consiglio comunale di un ordine del giorno di Forza Italia a difesa della famiglia naturale, votato da mezzo Pd e dal sindaco renziano (e cattolico), Giovanni Malpezzi. Quanto basta per scatenare un putiferio, a dimostrazione di come i diritti delle coppie omosessuali siano ormai un tema ampiamente sdoganato nel Pd, sul quale nessuno può più avanzare obiezioni. D’altronde, lo stesso premier Matteo Renzi, cresciuto negli Scout, ha da tempo annunciato provvedimenti in quella direzione, mentre la ministra Maria Elena Boschi, di formazione parrocchiale, in una recente intervista a Famiglia Cristiana ha aperto alle adozioni gay.

L’ODG APPROVATO

Il consiglio comunale di Faenza lunedì sera mette ai voti l’odg dal titolo “Valorizzazione della famiglia naturale” presentato dal consigliere di Fi, Jorick Bernardi. In apertura del testo si punta il dito contro “i casi di aperta propaganda contro la famiglia naturale, soprattutto nel mondo scolastico” con riferimento alle “fiabe rivedute in chiave omosessuale”, mettendo nel mirino anche il ddl Scalfarotto sull’omofobia. E’ proprio il sindaco Malpezzi a dirsi pronto a votare quel documento nel caso vengano eliminate le premesse. Detto e fatto, la bozza viene corretta, arriva ai voti e il Pd si spacca: in 7 votano contro (tra cui il segretario Roberto Pasi), altri 6 a favore, compreso il sindaco e la neo consigliera regionale Manuela Rontini, renzianissima della prima ora, vicina a Matteo Richetti, membro della Direzione nazionale del Pd e “da sempre iscritta all’Azione Cattolica” come si presenta lei su Twitter. Complici i voti dei consiglieri di minoranza del centrodestra, l’odg viene così approvato con la richiesta alla Regione Emilia-Romagna di istituire la “Festa della famiglia naturale fondata sull’unione tra uomo e donna”, al Governo di non applicare “il Documento Standard per l’educazione sessuale in Europa, redatto dall’ufficio europeo del’Organizzazione Mondiale della Sanità” e alla giunta comunale di adottare il “Fattore Famiglia”.

LA SOLLEVAZIONE DI SINISTRA E ASSOCIAZIONI GAY

Apriti cielo. Quanto accaduto solleva un polverone, con richieste di dimissioni ai due principali esponenti dem coinvolti. Dal sottosegretario Ivan Scalfarotto che twitta “lacerati i nostri valori”, all’indignazione del deputato ravennate di Sel, Giovanni Paglia (“rispetto a cose così ci troverete sempre dalla parte opposta”), fino alla deputata del Pd Giuditta Pini convinta che il suo partito debba “fare senza il sindaco di Faenza”. Immediata la scomunica ai faentini dal segretario provinciale del Pd di Ravenna, Michele De Pascale. Si scomodano anche l’Arcigay e l’ex consigliere regionale Franco Grillini, presidente di Gaynet, chiedendo una presa di posizione al neo governatore Stefano Bonaccini, mentre Arcilesbica chiama in causa il premier Renzi.

L’IMBARAZZATO DIETROFRONT

Il sindaco Malpezzi e la consigliera regionale Rontini azzardano un imbarazzato dietrofront, cospargendosi il capo di cenere. “Non ce la siamo sentiti di votare contro – scrive su Facebook la Rontini -, ritenendo che il nostro voto sarebbe stato strumentalizzato come un voto di tutta la maggioranza contro il sindaco. Ho sottovalutato la cosa, ne sono dispiaciuta e mi scuso”. Il primo cittadino definisce l’odg “poco riuscito”, spiegando come il suo assenso sia arrivato dopo lo stralcio di “considerazioni del tutto inaccettabili, frutto di un’impostazione ideologica sbagliata e retrogada”. Il motivo dell’adesione al documento emendato sta “solo” nella richiesta alla giunta di introdurre il “Fattore Famiglia”, che ricalca il “Quoziente Familiare” inserito nel suo programma elettorale. “Ho temuto – aggiunge – che un voto contrario su questo aspetto sarebbe stato letto come una evidente incoerenza”. Malpezzi si dice “rammaricato di aver sottovalutato la lettura che sarebbe stata data di quel voto e dell’interpretazione dell’aggettivo ‘naturale’ che può essere fuorviante, fino al punto di attribuirmi valutazioni e pensieri che non mi appartengono”. E aggiunge: “Lungi da me alcun intento di voler rappresentare posizioni confessionali o considerate oltranziste” , visto che “so perfettamente che al dignità della famiglia non è prerogativa né del matrimonio, né di alcuna altra convenzione sociale, ma del rispetto reciproco e della capacità di assumersi la responsabilità di condividere obiettivi di vita insieme”.

LA BENEDIZIONE DI ADINOLFI

Non si fa attendere la “benedizione” al documento approvato da parte di Mario Adinolfi, il giornalista e scrittore (a gennaio lancerà un nuovo quotidiano, La Croce) nonché ex deputato del Pd, divenuto punto di riferimento nel mondo cattolico per la difesa dei valori etici dopo l’uscita del suo libro Voglio la mamma, per il quale sono sorti circoli di sostegno in tutta Italia. Adinolfi prima si congratula sulla bacheca Facebook della Rontini dicendole “sei una donna coraggiosa”, quindi posta un intervento: “Pian pianino – scrive – nel Pd le cose si muovono e in tanti dicono Voglio la mamma. A Faenza vinciamo noi, anche a sinistra”. Quindi esprime solidarietà a Malpezzi e alla Rontini e “alle persone coraggiose che sanno che essere di sinistra non può essere negare la verità delle cose. E la verità è che nasciamo tutti da una mamma e da un papà”. Parole, però, che non tengono conto del dietrofront finale.

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