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Non è la prima volta che, nel corso del suo pur brillante cursus honorum, Massimo D’Alema resta impigliato nella ragnatela delle sofisticate strategie da lui escogitate per far fuori i suoi avversari politici. È accaduto con Silvio Berlusconi ai tempi della Bicamerale, accade oggi con Matteo Renzi.

Si chiama eterogenesi dei fini. In cerca di una rivincita anche personale, ha provato a unire tutti i contestatori del premier. Da Gianni Cuperlo a Stefano Fassina, ha invece finito con l’essere contestato proprio dai contestatori. Al di là delle questioni di stile (D’Alema che dà dell’arrogante a Renzi sembra un personaggio di Eugène Ionesco), la verità è che l’isolamento dell’ex presidente del Consiglio nasce da divisioni in seno alle opposizioni interne del Pd che sembrano per il momento insormontabili.

Sono divisioni che vengono da lontano. Per coglierne le origini e le radici, consiglio di leggere un libro fresco di stampa di Giacinto Militello (“La prospettiva liberalsocialista“, Ediesse). Vi si può trovare una salutare insofferenza per i meschini giochi tattici che continuano a paralizzare il dibattito a Largo del Nazareno,  tra una minoranza protestataria e una maggioranza populista.

Vi si può trovare, soprattutto, l’orgogliosa rivendicazione dell’attualità di quella cultura politica dei Gobetti e dei Rosselli, dei Bobbio e dei Foa, dei Fuà, dei Sylos Labini e dei Trentin (condivisa da chi scrive), ancora assai preziosa per chi intenda costruire una “coalizione dell’innovazione”, che si prenda cura sul serio dei più deboli e che valorizzi davvero meriti e talenti.

Infatti, non di confuse “coalizioni sociali” degli esclusi la sinistra italiana ha bisogno, ma di un progetto di democrazia economica che corregga l’eclettismo ideologico del renzismo. E che, quindi, metta finalmente una pietra tombale sul mito del mercato capace di autoregolamentarsi, come sul mito speculare dello Stato pianificatore e imprenditore.

Non mi faccio soverchie illusioni, sia chiaro. Il saggio di Militello segnala il disperato bisogno di un dibattito nel Pd che contribuisca al risveglio di una sinistra all’altezza del terzo millennio. Ma fin qui sembra prevalere uno spirito difensivo, che oscilla tra il revanscismo di D’Alema e “il fatevene una ragione, abbiamo vinto noi” di Renzi.  Solo per citare un punto: nessuno vuole uscire dall’euro, ma nessuno crede realizzabile l’idea degli Stati Uniti d’Europa, che sono l’unica risposta possibile alla globalizzazione sregolata.

Recita un epigramma di Giuseppe Giusti: “Il fare un libro è men che niente/Se il libro fatto non rifà la gente”. Beninteso, “rifare la gente” è molto difficile. Ma una piccola speranza bisogna pur coltivarla. Sfogliando le pagine di Militello, tuttavia,  alla fine anch’io mi sono convinto che ne vale la pena.

Tutti gli effetti del revanscismo di Massimo D'Alema

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