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In un lavoro reso noto in questi giorni gli analisti della Goldman Sachs hanno confermato i sospetti che l’iniziativa che Draghi sta portando faticosamente a compimento di immettere 1.000 mld di nuova base monetaria finalizzata alla crescita reale (nota con l’acronimo TLTRO) esaurirà i suoi effetti positivi quasi interamente nel circuito finanziario. Il lavoro non lo dice espressamente, ma le valutazioni degli analisti della banca americana indicano che l’immissione di nuovi euro nell’ammontare annunciato potrebbe far calare mediamente di 1 punto percentuale i tassi dell’interesse in generale e, se Draghi supera le difficoltà che incontra, anche gli spread sui rendimenti dei titoli pubblici dei paesi in difficoltà dovrebbero ridursi.

Se ciò accade, sostengono sempre gli analisti della Goldman Sachs, le quotazioni azionarie potrebbero crescere mediamente del 20%, incentivando la corsa agli investimenti finanziari. Il lavoro non si spinge fino a sostenere che ciò impedirà l’aggancio dell’economia reale da parte della politica monetaria europea, ma in un qualche modo lo implica.

Il TLTRO resta infatti un tentativo di uscire dalla trappola della liquidità in cui la BCE è caduta, ma è caduta per una serie di esitazioni dovute a un’architettura statutaria imperfetta e previsioni sbagliate sulla crescita del Pil e dei prezzi. E’ pur vero che, nonostante le diversità che persistono tra loro, gli economisti concordano su una buona efficacia stabilizzatrice della politica monetaria convenzionale, mentre non è in condizioni di imprimere una spinta alla crescita reale, soprattutto se non ricorre a strumenti non convenzionali come quelli sperimentati dalla Federal Reserve americana con il Quantitative Easing, che la BCE si accinge ad attuare chiamandoli diversamente.

Concordano anche che l’obiettivo di stimolare la crescita è invece alla portata di una buona politica fiscale, ma questa in Europa resta legata ai vecchi concetti di austerità incorporati in accordi; è pur vero che essi sono stati liberamente sottoscritti e vanno in linea di principio rispettati, ma quelli stessi accordi non contengono una clausola che li rendano immutabili se non producono gli effetti desiderati. Lasciando così le cose, continuerà l’erosione della base economica e sociale dell’Unione Europea, minando alla radice il consenso necessario per farla progredire.

Se gli effetti dell’iniziativa di Draghi sono incerti e comunque modesti, essi si possono incontrare con l’iniziativa del neo presidente della Commissione Junker di intraprendere un piano di investimenti nell’ordine di 315 miliardi di euro che, se ben domiciliati territorialmente e settorialmente, potrebbero fornire ossigeno allo sviluppo del reddito e dell’occupazione. Il congegno ideato è piuttosto debole, ma non impossibile da realizzare.

Non è macchinoso, dato che prevede la fornitura di garanzie a carico dell’UE e della Banca Europea degli Investimenti per 21 mld e invita i privati a mettere l’intera cifra prevista coperti da questa garanzia. I 1.000 mld della BCE sarebbero capienti per accogliere un finanziamento della dimensione prevista da Junker, fertilizzando le scelte della politica monetaria senza dover ricorrere agli strumenti convenzionali della tassazione, della spesa o dell’indebitamento.

Ancora più efficace sarebbe se la BCE immettesse direttamente i 315 miliardi previsti finanziando le imprese disponibili a realizzare il programma europeo; non mancano forme finanziarie che possono assolvere allo scopo, anche in forma degli Asset Backed Security che la BCE è già pronta ad accogliere nel suo portafoglio. Essa recupererebbe il legame con l’economia reale in modo diretto, uscendo dalla trappola della liquidità.

L’UE fornirebbe invece un servizio di qualità indicando i programmi eligible e correndo rischi modesti, senza dover abbandonare la linea del rigore finanziario pubblico che mostra una capacità di resistenza anche di fronte a una situazione sociale sempre più insostenibile.

(l’analisi è stata pubblicata martedì 2 dicembre dal quotidiano Mf/Milano Finanza)

Ecco effetti veri e presunti delle mosse di Draghi e Juncker

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