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Le stime d’inverno della Commissione rivedono verso l’alto la crescita del PIL Eurozona a 1,3%
(da un precedente 1,1%) nel 2015 e a 1,9% (da 1,7%) nel 2016. La revisione è spiegata dal
calo del prezzo del petrolio e dal deprezzamento del cambio. A fronte di stime di crescita più
forti di quattro decimi rispetto all’autunno, la Commissione ha rivisto al ribasso le stime di
inflazione a -0,1% nel 2015, ma valuta che l’impatto del calo del prezzo dell’energia dovrebbe
riassorbirsi già nel 2016 dal momento che proietta l’inflazione a +1,3%.

Si noti che l’impatto del QE della BCE non è incorporato nelle stime della Commissione dal momento che queste sono state finalizzate il 23 gennaio scorso. Secondo la Commissione, la crescita dovrebbe essere trainata dalla domanda interna ed in particolare da un’accelerazione dei consumi privati (1,6% nel 2015-16 dallo 0,9% del 2014) ed investimenti fissi (2% nel 2015 e 4,4% nel 2016, dallo 0,9% di quest’anno).

Le esportazioni nette sono attese offrire un contributo circa nullo alla crescita nel 2015-16. La Commissione nota che nel complesso l’incertezza che circonda lo scenario macro è aumentata rispetto all’autunno. A fronte di rischi verso il basso legati per lo più alle tensioni geopolitiche, la Commissione indica che il QE della BCE potrebbe generare una crescita più elevata rispetto alle ultime stime. Un contributo di stimolo potrebbe venire dal Piano Juncker per gli investimenti.

Permarrà sull’orizzonte di previsione un’ampia dispersione nella performance di crescita. Lo
spaccato per Paese mostra la Spagna in testa con un tasso di crescita del 2,3% quest’anno (da
una precedente stima di 1,7%) e del 2,5% nel 2016. Segue la Germania con un tasso di
crescita dell’1,5% nel 2015 (da 1,1%) e del 2% il prossimo anno. Per quanto riguarda l’Italia,
la Commissione conferma la stima di novembre di crescita di 0,6% per quest’anno ma è più
ottimista sul 2016 (1,3% da un precedente 1,1%). In Francia il PIL è visto in crescita dell’1%
(da 0,7%) quest’anno e di 1,8% il prossimo.

La Commissione ha reso note anche le nuove stime dei saldi strutturali a politiche invariate,
nonché dell’output gap. Tali stime forniscono un’indicazione di massima di quello che
potrebbe essere lo sforzo fiscale aggiuntivo per i Paesi su cui la Commissione UE aveva
sospeso il giudizio fino a marzo prossimo. Oltre alle stime del saldo strutturale è opportuno
guardare alla previsione dell’output gap dal momento che l’interpretazione flessibile del Patto
di Stabilità pondera la correzione fiscale in base all’ampiezza dell’output gap. Nel complesso
Eurozona, la politica fiscale è attesa ancora neutrale nel 2015 e (a politiche invariate)
moderatamente espansiva nel 2016. Il saldo strutturale è visto a -1%, invariato rispetto al
2014 ma di un decimo meno ampio che nelle stime d’autunno. Nel 2016, il saldo strutturale è
atteso peggiorare di 0,2% come nelle stime di novembre.

Nel caso della Francia il saldo strutturale è visto migliorare di tre decimi nel 2015 a -2,6% da
un precedente -2,9%, ma riallargarsi a -3% nel 2016 (nelle stime di autunno la Commissione
vedeva un miglioramento di solo un decimo nel 2015 e un deterioramento del saldo ben più
marcato nel 2016, fino al -3,4% del PIL). Tuttavia, il miglioramento del saldo potrebbe in ogni
caso rivelarsi insufficiente dal momento che la Commissione stima un output gap di solo 2,3%
nel 2015. Ricordiamo che con la nuova interpretazione flessibile del Patto di Stabilità ad un
paese con un debito superiore al 60% ed un output gap compreso tra -3% e -1,5% è
richiesto uno sforzo strutturale di 0,5% se la crescita è al di sopra del potenziale. Per la Francia
la Commissione stima una crescita del PIL nel 2015 dell’1%, in linea con il trend. Dunque,
nella valutazione che la Commissione terrà il mese prossimo, la Francia potrebbe essere
“borderline” ovvero è dubbio che la correzione da essa proposta sia giudicata sufficiente.

Per l’Italia la Commissione stima il saldo strutturale a -0,9% nel 2014, in miglioramento a –
0,6% nel 2015 e in lieve peggioramento a -0,8% nel 2016 (da -1%, -0,8% e -1% nelle stime
d’autunno). L’output gap per l’Italia è visto in chiusura di un punto a -3,5% nel 2015. Nel
caso di un output gap tra -3% e -4% al paese membro è richiesto uno sforzo strutturale di
0,25%. L’Italia, dunque, dovrebbe ottenere il via libera della Commissione sui programmi
fiscali, posto che presentino un programma dettagliato di riforme. Peraltro, la BCE nell’ultimo
Bollettino Economico si è espressa sulla nuova lettura flessibile del Patto di Stabilità e indica
che sarebbe opportuno introdurre una valutazione ex ante del costo fiscale delle riforme e
assicurare un margine di flessibilità per il rispetto non solo della regola del 3% ma anche della
regola del debito nel caso di attivazione della clausola sugli investimenti pubblici. (Si veda il
Box 7 pagg. 33-35 del Bollettino BCE di febbraio 2015).

Tra i maggiori Paesi, quello con la situazione maggiormente preoccupante appare la Spagna,
che senza misure aggiuntive vede il saldo strutturale peggiorare da -2,1% nel 2014 a -2,5%
nel 2015 a -2,7% nel 2016. L’output gap è atteso chiudersi fino al -3,9% dal -6,1% di
quest’anno.

Per l’anno prossimo, tutti i principali Paesi (Italia compresa) necessitano di misure aggiuntive
(dell’ordine di 0,7% per l’Italia e di 0,9% per Spagna e Francia).

Tutte le stanche pagelle di Bruxelles su Italia, Francia e Spagna

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