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Sono state le note della “Marsigliese” a farci sentire più europei. Una grande emozione avvertita in piazza Farnese la sera di giovedì 8 gennaio, quando, davanti all’ambasciata di Francia a Roma, si sono radunati i rappresentanti di associazioni, sindacati, partiti e semplici cittadini per manifestare solidarietà, dopo la strage nella redazione del giornale satirico “Charlie Hebdo” a Parigi. Non sapevamo allora che l’inno francese l’avremmo risentito più volte, insieme alle immagini provenienti dalle più grandi capitali del mondo.

L’ultima, domenica scorsa, giorno della marcia parigina tra Place De La Republique e Place de la Nation, con quasi 3 milioni di partecipanti, dopo i blitz delle teste di cuoio a Dammartin e a Porte de Vincennes, avvenuti 48 ore prima, dove sono stati uccisi i 3 assassini di 17 persone. La risposta che è seguita alla tragedia di Parigi è stata di forte unità, a livello continentale, ma anche nazionale. E’ un importante segnale per il nostro Paese che soffre i disagi della crisi economica e che, a giorni, avrà un nuovo Capo dello Stato.

E’ un’Italia provata quella che assisterà a febbraio all’elezione presidenziale. Per superare lo stallo occorre abbassare il debito pubblico; trovare le risorse per stimolare efficacemente i consumi, gli investimenti privati, quelli pubblici e il credito bancario; mettere mano a riforme organiche e strutturali. Il deficit nei primi 9 mesi del 2014 è risultato pari al 3,73% del Pil. Solo grazie ai saldi delle entrate fiscali di fine anno il tetto del 3% sarà rispettato. Ammonisce Enrico Marro, attento giornalista di economia del Corriere della Sera: “Nonostante tutte le misure prese dal governo, nel 2015 la spesa pubblica totale sarà di 838,8 miliardi, 3 miliardi e mezzo in più di quella del 2014.

Ma senza ridurre le uscite non si possono abbassare le entrate, a meno di aumentare il deficit, cosa che il governo ha già fatto per 5,8 miliardi con la legge di Stabilità 2015. E la pressione fiscale resta a livelli record”. Anche per il settore industriale e per quello manufatturiero, in particolare, è allarme rosso. Avverte l’ex premier Romano Prodi: “Occorre indirizzare cervello, cuore e portafoglio verso nuovi settori, nuovi prodotti e nuove imprese” ed aggiunge: “Solo una politica industriale innovativa può infatti preparare un futuro per i nostri giovani”.

Crisi economica e quella valoriale sono sicuramente i temi prioritari che il nuovo presidente della Repubblica inserirà nell’agenda delle cose da fare. Il primo problema si risolve continuando a pretendere una svolta contro l’austerità ad ogni costo; il secondo, costruendo regole di convivenza basate sul senso di comunità, di rispetto reciproco e di legalità. Il Paese deve uscire dal guado, e l’elezione presidenziale può essere lo specchio dello sforzo necessario. Ma sarà possibile solo se, dopo una grande emozione, seguirà una reazione condivisa fondata sull’unità nazionale.

Ha ragione Roberto Sommella, già condirettore di Milano Finanza ed editorialista di economia e finanza: “Se oggi a Bruxelles – scrive – finalmente si parla non solo di rigore, ma anche di crescita, è perché questa parola è stata inserita nel vocabolario istituzionale di un capo di Stato: il nostro. I mercati hanno capito e per questo ci rispettano di più”. Deve continuare ad essere così.

Antonello Di Mario è direttore di “Fabbrica Società”

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