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Oh sì, lo scontro c’è stato e le distanze tangibili tra il modello liberale rilanciato da Donald Tusk e il vangelo sovranista secondo Jarosław Kaczyński sono tutt’altro che una farsa. Perché è importante ricordare che in Polonia i politici fanno sul serio. Frizioni e lotte ideologiche sono proiezioni immediate e reali degli umori del popolo, resa dei conti tra culture politiche ancora segnate dai lasciti di fine Novecento. “Il teatrino della politica” non è in voga sulla scena pubblica polacca, troppo chiara e poco incline a ospitare zone grigie.

Ma un elemento che avvicina la postura assunta in politica estera da Tusk a quella del suo predecessore, Mateusz Morawiecki, può essere scovato in una pretesa comune: la centralità della Polonia nella costellazione europea.

Diversamente dal PiS, Tusk intende (ri)temprare la reputazione di Varsavia attraverso il recupero dei rapporti diplomatici, logorati dalla linea dura dell’esecutivo di Moraweicki, con i partner di un tempo. Perciò il premier polacco decide di puntare sul ritorno del triangolo di Weimar e nella giornata di ieri vola nella Parigi macroniana per poi recarsi a Berlino dal cancelliere Scholz. Gli argomenti cardini dei colloqui non sono mai cambiati: sicurezza europea e rielaborazione dei rapporti con Mosca.

Infatti, fin dai tempi di Komorowski, Merkel e Sarkozy, le relazioni con la Russia rappresentano il punto di convergenza che convalida il percorso politico-economico (e i rispettivi interessi) dei membri del Triangolo.

“Durante il briefing discuteremo in primo luogo del sostegno all’Ucraina. Purtroppo tra pochi giorni celebreremo il secondo anniversario dell’aggressione russa contro Kiev. Vorrei ricordare il nostro incrollabile sostegno al popolo ucraino e sottolineare l’impegno della Polonia” ha preannunciato Emmanuel Macron, mentre “Francia e Polonia si preparano a un nuovo trattato bilaterale che sostituirà quello del 1991. Questo trattato definirà un nuovo quadro per la nostra cooperazione in tutti i campi: difesa, energia nucleare, cooperazione scientifica, linguistica e culturale”.

Dall’Eliseo, Donald Tusk fa sponda al suo interlocutore lanciando un definitivo there is no alternative.

“Non c’è alternativa all’Ue, non c’è alternativa alla cooperazione transatlantica, non c’è alternativa alla Nato”, ha affermato il primo ministro polacco. “L’Europa deve diventare un continente sicuro, e questo significa che l’Unione europea, la Francia e la Polonia devono diventare Stati forti pronti a difendere i propri confini. Probabilmente è qui a Parigi che le parole uno per tutti, tutti per uno suonano più chiaramente. Queste sono le parole e questa è la filosofia su cui si fondano l’Unione Europea e la Nato. Sono parole che illustrano bene l’idea di solidarietà, che è diventata il fondamento dell’Europa moderna e il valore più importante della Polonia contemporanea”.

Il governo di Varsavia ha due obiettivi: tessere e riformulare rapporti strategici con Francia e Germania, principalmente in materia di energia nucleare (impresa tentata anche da Kaczynski), e convincere entrambi i Paesi ad aumentare il bilancio della difesa dell’Unione Europea, per ottenere ancora una volta una corsia preferenziale nelle relazioni euro-atlantiche. Soprattutto dopo le ultime sparate isolazionistiche di Donald Trump in South Carolina e l’adesione della gran parte dei repubblicani.

“I nostri due Paesi sono quelli che stanno sviluppando maggiormente i programmi di costruzione di centrali nucleari in Europa. Dovremmo lavorare per rafforzare la nostra sicurezza energetica e per raggiungere un’impronta di carbonio pari a zero entro il 2050” ha proseguito Macron, assicurando, inoltre, il sostegno francese alla presidenza polacca del Consiglio dell’Unione europea nel 2025.

Più fitto e complesso, come previsto dai media tedeschi, risulta il lavoro diplomatico tra Berlino e Varsavia. Dalle nuove regole decisionali a Bruxelles alla questione ucraina, dalle strategie energetiche diametralmente opposte (la Germania, infatti, ha appena detto addio all’energia nucleare) fino all’approccio del confine con l’Oder.

Tuttavia, Olaf Scholz riserva a Tusk un’accoglienza impeccabile e inaugura il colloquio con un mea culpa. “I nostri paesi condividono una storia dolorosa e turbolenta” confessa il cancelliere. “Quest’anno ricorre l’85° anniversario del terribile attacco tedesco alla Polonia. La sofferenza che noi tedeschi abbiamo causato ai vicini polacchi è incommensurabile. Siamo consapevoli della nostra grande colpa e siamo consapevoli del compito che essa comporta per il nostro comune futuro pacifico. Oggi siamo uniti dal desiderio di pace, stabilità e sicurezza in Europa. Oggi più che mai il nostro Paese è minacciato dalla guerra russa in Ucraina. Ci sentiamo corresponsabili di questo. La garanzia di protezione all’interno della NATO si applica a tempo indeterminato. Tutti per uno, uno per tutti. In relazione agli eventi attuali, vorrei dire che qualsiasi relativizzazione della garanzia di mutua assistenza della Nato è irresponsabile e pericolosa, e serve solo alla Russia”.

Per farla breve, Tusk non solo vince la sfida per definire un riequilibrio nei rapporti tra Polonia e Germania (traguardo che il PiS intendeva tagliare a colpi di riparazioni), ma riesce a rilanciare il triangolo di Weimar in chiave anti-russa, e a riproporlo come colonna portante del progetto transatlantico, confermando, attraverso oculati processi di mediazione, Varsavia come nuovo centro d’Europa.

 

 

 

 

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