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Di fronte a corsi azionari incerti, una società può optare per una strategia previdente che sorregga il trend del titolo e tentare d’incamerare le proprie azioni per ottenere un dividendo maggiorato. Wall Street conferma, che per entrambi i motivi, le grandi realtà corporate americane negli ultimi anni hanno puntato molto sulle operazioni di buyback, il riacquisto di azioni proprie, contribuendo all’immagine sognante di una America dalla ripresa facile.

Se la Fed si impegna a ridurre il sostegno all’economia americana grazie a risultati positivi su crescita del Pil e dell’occupazione, il trend positivo di Wall Street non si basa certo solo sulle notizie della ripresa. Il Quantitative Easing, portato avanti prima dl governatore della Fed Ben Bernanke e poi dal suo successore Yanet Yellen, ha dato la fiducia ai trader, con l’immissione di liquidità nel mercato a cadenza mensile, mentre le società statunitensi, oltre a beneficiare di tassi d’interesse sotto le attese, hanno perseguito la strategia del buyback come sostegno al corso dei loro titoli. E i numeri parlano chiaro. Le società statunitensi, sottolinea il Financial Times, compreranno 450 miliardi di dollari delle loro azioni nel 2014. Buon prezzo, buoni affari. Ma quanto per quanto tempo ancora?

Concluso il periodo degli annunci societari per il terzo trimestre del 2014, le società del S&P 500 hanno aumentato i loro profitti del 10,2% rispetto allo stesso periodo del 2013. Thomson Reuters ha inoltre segnalato che il fatturato sia aumentato del 4%, e del 5,3% se si esclude il settore energetico.

Un andamento che contrasta con quello europeo, dove lo Stoxx 600 segna un aumento dei guadagni dell’11% ma una crescita dello 0,1% del fatturato. La ricetta del Vecchio Continente? Aumentare i profitti esclusivamente grazie al taglio dei costi.

Howard Silverblatt di Standard & Poor’s, riporta il quotidiano della City, che le società S&P 500 hanno riacquistato 155 miliardi di dollari delle loro azioni nel terzo trimestre del 2014, segnando il record dall’inizio della crisi. E questo spiega perché il trend continua ad essere rialzista. Con azioni a basso costo, la logica che predomina è quella di ricomprare quote riducendo il flottante e dunque aumentando i dividendi per azione. Ed in questo le società americane operano in modo completamente diverso dal mondo corporate europeo. Patrik Schowitz, global strategist di JPMorgan Asset Management, mostra che dal 2002, il flottante è diminuito dello 0,1% all’anno negli Stati Uniti, mentre in Europa ha segnato un rialzo dello 0,6% annuo in Europa.

Ma il trend positivo per le società che decidono di attuare programmi di buyback non continuerà ad essere così netto. I trader conoscono ormai quali gruppi puntano sulla strategia, che viene quindi già prezzata. Con la crescita del mercato azionario, fare acquisti diventa quindi più costoso e presenta rischi maggiori per la loro liquidità.

E gli azionisti? I buyback diventano discutibili, lato investitore, quando la valutazione dei titoli aumenta troppo. Ciò significa infatti che il denaro, gestito dalle società, viene usato per acquisti troppo costosi e non efficienti. Il dividendo distribuito dalle società americane, sottolinea Schowitz, si attesta in una forchetta compresa tra l’80 e il 90% dei profitti. Ma questa storia è destinata ad essere meno importante con l’aumento del prezzo delle azioni e con, si spera, il ritorno agli investimenti societari piuttosto che agli accantonamenti di liquidità.

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