Skip to main content

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Karl Marx inizia il suo Capitale con la celebre frase: “il mondo appare oggi come una immane raccolta di merci”. Errore: il mondo oggi è una incredibile massa di denaro.
Ma i movimenti internazionali di capitali legati a un reale scambio di merci sono una infima parte, ormai, di tutti i flussi di capitali globali: negli anni ’90, i flussi di merci mondiali sono aumentati del 63%, ma il movimento dei capitali è cresciuto del 300%, mentre il PIL è cresciuto di solo il 26%.

Per molti esperti, visto che le tassazioni universali sono poco efficaci, l’unica possibilità rimane quella di un rallentamento quantitativo dei trasferimenti finanziari globali.
Il processo di separazione della montagna di capitali dalla immane raccolta di merci prosegue comunque imperterrito: nel 2011, il PIL mondiale era pari a 70mila miliardi di Euro, mentre il totale della finanza derivata era di 648mila miliardi di Euro.
La finanza derivata è priva di regolamentazioni, la produzione di merci invece è fin troppo normata.

E, poi, non ci possiamo più permettere, e qui hanno ragione i liberisti neosmithiani, i tanti “sostegni sociali” o ammortizzatori che non creano lavoro, non stimolano il mercato e non sostengono davvero le famiglie: dall’inizio della crisi ad oggi l’INPS ha erogato 80 miliardi tra Cassa integrazione e indennità di disoccupazione, il consumo di benzina, classico prodotto-indice, è calato del 6,3%, e il gettito dei petroli è quindi calato del 2,9%.
Sono state autorizzate 704 milioni di ore in CIG nel solo periodo gennaio-agosto 2013 mentre tra il 2008 e il 2012 hanno chiuso definitivamente oltre novemila imprese storiche, quelle con più di 50 anni di attività.

L’Italia è al 49esimo posto per la competitività, dopo Lituania e Barbados. I consumi delle famiglie, poi, sono caduti del 7,8%, ovvero di ben 56 miliardi, quasi quanto il sostegno dell’INPS ai redditi.
Per il debito pubblico, le previsioni più accreditate parlano di una ulteriore crescita al 130,8% nei prossimi tre mesi, e le entrate tributarie, infine, sono in calo di 1,4 miliardi rispetto all’anno scorso.
Quindi, di fronte ad un disastro economico senza pari, equivalente a una guerra perduta, dobbiamo ritornare ai valori intangibili, quelli dell’artigianato e della piccola impresa, e soprattutto al valore dell’impresa agricola.

In effetti, la guerra l’abbiamo perduta davvero: era quella del mondo post-guerra fredda, e fu solo il mai dimenticato Francesco Cossiga a ricordarci che il crollo del Muro di Berlino significava la fine dell’Italia che avevamo conosciuto fino ad allora, con tutte le sue rendite di posizione geopolitiche e finanziarie.
Nelle piccole e medie imprese, c’è stato un saldo negativo, tra iscrizioni e cessazioni, di 12.682 aziende che chiudono, i fallimenti PMI sono stati oltre 10.000 nel 2013, e quindi, invece del pur bravo Garante per le PMI, occorrerà pensare a creare in Italia l’equivalente dell’americana Small Business Administration.

Non bisogna poi tralasciare le microPMI. In Italia, secondo gli ultimi dati disponibili (2010) le “microPMI” sono oltre 4,4 milioni di imprese non-agricole, e in esse trova impiego l’81% dell’occupazione totale e si produce il 71,3% del valore aggiunto italiano e nche qui chiudono 1118 microPMI al giorno, a fronte di 1053 nuove imprese nate al giorno. Non se ne esce: il modello di impresa e di sistema economico che si è imposto progressivamente in Italia dagli anni ’90 in poi non regge più, perché anche i cinesi fanno i cestiti di vimini, vanto di Buti (PI) o producono le mòleche venziane, congelandole per il world market.

E allora bisogna rimeditare la funzionalità del settore agricolo, asse vero della autonomia umana delle nazioni e, non dimentichiamolo, è l’agricoltura il sistema sul quale si modella la prima economia politica di Adam Smith, perché anche le fabbriche studiate dal filosofo morale scozzese sono dipendenti dal ciclo agricolo e dai disogni della produzione primaria.
Nel 2012, ultimo anno di rilevazione utile dell’ISTAT, abbiamo in Italia circa 1,6 milioni di aziende agricole, che producono 42,6 miliardi di euro/anno.

I prezzi dei prodotti agricoli, in media, calano del 2,3% in un anno, rendendo spesso non-economica la gestione dell’impresa.
Ma, anche qui, le aziende chiudono, e la superficie agricola utilizzata è diminuita fino agli attuali 1,8 milioni di ettari.
Allora, che fare? Ritornare all’agricoltura, che peraltro produce un buon 18% dell’export alto di gamma italiano, con i nostri vini, i nostri prodotti e cibi, le nostre preparazioni agricole non-alimentari, che valgono il 4,2% dell’export agricolo nazionale.

Secondo la SACE, la crescita dei nostri beni agricoli e alimentari avrà una crescita media dell’ 8.7% annuo tra il 2014 e il 2017.
Bene: perché non passare di nuovo a produrre l’”immane raccolta di merci” agricole e sane, che tutto il mondo desidera da noi, invece di produrre neolaureati poco adatti alla concorrenza globale futura o, peggio, giovani adatti solo al consumo e non alla produzione? Torniamo a lavorare i campi, è una scelta razionale per il nostro futuro.

“Chi coltiva la sua terra si sazia di pane, chi insegue chimere è privo di senno”, come si trova scritto nel biblico Libro dei Proverbi.

Giancarlo Elia Valori è professore di Economia e Politica Internazionale presso la Peking University e presidente de La Centrale Finanziaria Generale Spa

L'Italia riparta dall'economia reale

Riceviamo e volentieri pubblichiamo Karl Marx inizia il suo Capitale con la celebre frase: “il mondo appare oggi come una immane raccolta di merci”. Errore: il mondo oggi è una incredibile massa di denaro. Ma i movimenti internazionali di capitali legati a un reale scambio di merci sono una infima parte, ormai, di tutti i flussi di capitali globali: negli…

La riforma del Senato vista alla Eugène Ionesco

Come diceva Ennio Flaiano, la situazione politica in Italia è grave ma non seria. L'aula di Palazzo Madama sta diventando una specie di teatro dell'assurdo. In scena, uno scontro sulla riforma del Senato che conferma l'atavica capacità nazionale di mescolare il dramma con la farsa. Un soggetto degno delle migliori commedie di Eugène Ionesco. Se il percorso della riforma si sta trasformando in…

Il fashion spagnolo nel web è '.moda'

Chiunque lo desideri, persona fisica o giuridica, da ieri, 16 luglio, in Spagna può registrare un brand con il dominio ‘.moda’. Dopo aver dato priorità alle aziende del settore, ora, qualche mese dopo, il registro è stato aperto al pubblico. Per questo motivo, la società di brevetti e marchi Pons, ha consigliato alle aziende di moda che operano nel Paese, di…

Come stritolare un po' di debito pubblico senza dirigismi. Parla Nicola Rossi

Abbattere il debito pubblico? E come? Con il piano del renziano Marco Carrai? O coinvolgendo i fondi pensione, come avanzato in un seminario organizzato da Dexia con investitori e rappresentanti del Tesoro sul tema del debito? L'economista Nicola Rossi, già parlamentare del Pd e poi del gruppo misto, ora tornato all'insegnamento universitario, ha partecipato al seminario di cui ha parlato…

Perché la Spagna smentisce le tesi dei turbo liberisti

Si, è vero, non bisogna sovrainterpretare i singoli dati, eccetera. Ma questa non possiamo non segnalarla, a beneficio di tutti quelli che “la Spagna cresce perché ha fatto le riforme, mica come noi”. Lo 0,4% di crescita trimestrale del Pil spagnolo è frutto di una contribuzione negativa del commercio estero netto, pari allo 0,2%. Su base trimestrale, esportazioni in calo…

Ecco come lo Stato amoreggia con i giornali cartacei

Le voci più autorevoli del giornalismo anglosassone puntano sempre più sulla frontiera dei media telematici. Una trasformazione che in Italia si fa largo con fatica anche a causa delle robuste agevolazioni economiche previste dallo Stato per le testate cartacee. Vantaggi milionari Le testate cartaece hanno goduto fino a pochi mesi fa di rilevanti sgravi fiscali per l’acquisto di carta e…

libia

Libia, è Heftir l’uomo giusto per pacificare il Paese?

Continuano gli scontri per il controllo degli aeroporti in Libia. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha condannato i fatti, sottolineando che gli scali non possono essere usati per raggiungere obiettivi politici. L’ambasciatore del Rwanda, Eugene Gasana, che presiede l’organo questo mese, ha insistito sulla necessità di aprire il dialogo a favore della stabilità del Paese. Nell’incontro è stata confermata la…

Crisi ucraina, l'intervento in diretta di Obama

JOIN THE LIVE CHATVISIT WHITEHOUSE.GOV A partire dalle 16.50 il Presidente americano Barack Obama parlerà in diretta della situazione in Ucraina. Ecco il video. (fonte video: White House)

×

Iscriviti alla newsletter