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Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo il commento di Domenico Cacopardo apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

Da oggi, in mare aperto, esposti ai refoli di burrasca e ai momenti di bonaccia. La nostra barca è vecchia, lo scafo è corroso e tante incrostazioni impediscono di navigare regolarmente.

Così, la rotta che l’attuale capitano ha impostato (legge di stabilità) si presta a numerose critiche.

Esse non possono essere risparmiate a chi promette di condurci fuori dall’area di rischio e di rilanciare la boccheggiante economia.

Prima di tutto facciamo ammenda dei rilievi rivolti al sottosegretario Delrio a proposito dell’evasione fiscale e della sua importanza nella manovra. Diceva la verità. Come si faceva in passato, alla fine, se, per esempio, mancavano duemila miliardi di lire per quadrare i conti, si inserivano duemila miliardi di ricavi da lotta all’evasione e il problema era risolto.

Nella legge di stabilità Renzi-Padoan (più Renzi che Padoan) ci sono 3,8 miliardi di lotta all’evasione. Tanto per dare un’idea precisa a chi ha più di cinquant’anni, qualcosa come 7.600 miliardi di vecchie lire.

Chi ha appostato questa somma o era in preda a ubriachezza molesta o era in malafede.

Propendo per la seconda ipotesi ed è un’aggravante. 3,8 miliardi di lotta all’evasione sono la più palese testimonianza di assenza di realistiche analisi della situazione della nostra economia e degli strumenti di cui dispongono le autorità.

La seconda posta deludente riguarda i tagli ai trasferimenti alle regioni e ai comuni e alle spese dei ministeri, all’interno del capitolo spending review. «Sostiene Pereira» (Renzi) che sarà nell’autonomia dei soggetti percossi dove e come tagliare. In questo modo, si dà la zappa sui piedi: in sostanza, ripropone i tagli lineari che tanto abbiamo criticato in passato e che dimostrano l’incapacità del governo di compiere scelte coraggiose, intestandosene il merito e assumendosene le relative responsabilità.

E dire ch’è in possesso del ponderoso e ragionato documento redatto da Carlo Cottarelli, in procinto, ormai, di tornarsene a Washington.

C’è da chiedersi con preoccupazione perché il documento non sia stato mai pubblicato se non per brevi stralci.

Le peggiori ipotesi sono sul tappeto: la più convincente riguarda il timore che si sarebbe messo in evidenza il mancato intervento del governo sui casi eclatanti, quelli da cui traggono alimento corrotti e corruttori al Nord come al Sud.

E che, comunque, la mancata decisa introduzione dei costi standard consentirà ancora alla regione Sicilia di pagare le siringhe, ormai emblematiche, una trentina di volte di più che il Veneto.

Il premier ribadisce che è nella responsabilità di ministeri, regioni e comuni stabilire come e dove risparmiare e che si tratta di una specie di doveroso atto di fiducia. Follie.

Mentre i disastri di Genova, Parma, Maremma, Trieste e Piemonte sono precisi atti di accusa nei confronti dei carrozzoni Regione, comunque realizzati, capaci solo di dissipare risorse senza contribuire al buon andamento del Paese, l’affermazione di Renzi appare viziata da ipocrita condiscendenza o da ammissione di grave impotenza.

Fermiamoci qua. Il testo della legge di stabilità è a Bruxelles e trova un ambiente meno arcigno del passato, viste le difficoltà generali che investono l’Unione europea.

È possibile che, dopo gli accordi riservati tra Germania e Francia (come avevamo previsto, Hollande, incassato l’appoggio di Renzi, s’é occupato solo del suo Paese) che garantirebbero un’imprevista indulgenza della cancelliera di ferro, anche per l’Italia si manifesti un tasso (minore) di comprensione.

In ogni caso, avremo un «cahier» di prescrizioni che ci costringeranno a svolgere difficili compiti a casa. Tutti i problemi tutt’insieme: l’economia, l’occupazione, Ebola e la politica estera con i dossier Isi, Ucraina-Russia, la Libia. Tante decisioni interconnesse da adottare nelle prossime settimane.

Senza un soggetto politico unitario o unitariamente concepito. L’Europa è nana, divisa e senza leader con qualità adeguate.

Ecco i sogni di Renzi e Padoan sull'evasione fiscale

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