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Balle russe, verrebbe da dire. Nei giorni in cui gli Stati Uniti hanno finalmente sbloccato i 60 miliardi di aiuti per l’Ucraina e con la ragionevole prospettiva di arrivare a un accordo in seno al G7 di giugno per la monetizzazione degli asset sequestrati a Mosca, uno dei più importanti think tank del mondo, il Wilson Center, smaschera una certa sfrontatezza russa. Certo, il Fondo monetario internazionale ha da poco aggiornato al rialzo le stime di crescita per la Federazione, portandole al 3,2% per il 2024, salvo poi precisare che nel 2025 il Pil non andrà oltre l’1,8%.

Eppure, William E. Pomeranz, che del Wilson Center è direttore, ha un’idea diversa sulla Russia. Non solo l’economia dell’ex Urss non macina come raccontano dal Cremlino. Ma essa stessa ha dovuto cambiare baricentro, più di una volta, tornando a una sorta di passato remoto. “Putin sta affrontando la spirale economica discendente della Russia. Per sopravvivere, è tornato ai principi economici fondamentali. Sfortunatamente, la maggior parte di essi risale all’Unione Sovietica e comporta nazionalizzazioni, che i futuri leader del Paese troveranno difficile gestire in termini di effetti sull’economia”, scrive Pomeranz in un report.

Dunque, la politica economica e industriale, in Russia, è tornata indietro di 30 anni: più Stato, ovunque. Poi c’è il discorso delle entrate e anche qui la storia è diversa dalla propaganda. “I ricavi energetici sono diminuiti in modo significativo, grazie alle sanzioni, e ai riusciti attacchi di droni dell’Ucraina contro i terminali energetici russi, che hanno portato a una riduzione delle esportazioni del 40%. Aumentano i fallimenti e anche le esportazioni russe di benzina sono state sospese per sei mesi, per soddisfare la domanda interna. E ci si può anche dimenticare degli investimenti esteri. Putin ha nazionalizzato diverse società straniere e le ha cedute ai suoi amici, allontanando gli investitori”.

Allora, i numeri della Russia, sono finti? Probabile. “La Russia ha tirato fuori alcune statistiche che non superano la prova della risata. Ad esempio, la Banca centrale ha dichiarato che il clima economico russo è cresciuto al livello massimo degli ultimi dodici anni. Putin sostiene inoltre che i Brics detengono una quota maggiore dell’economia globale rispetto ai paesi del G7 e afferma di aver ridotto drasticamente il deficit di bilancio. Peccato che una maggiore spesa pubblica è proprio dietro l’angolo e con le entrate in calo, sarà il deficit a coprirla”, spiega il direttore del Wilson Center.

Per il quale “l’unica persona che evidentemente capisce lo stato reale dell’economia è il capo della Banca centrale russa, Elvira Nabiullina. Ha fatto della gestione dell’inflazione il suo obiettivo principale, ma per raggiungere questo obiettivo, i tassi di interesse sono saliti al 16%”. C’è di più. “L’ironia è che la Russia ha posto grande enfasi sul fatto di essere una potenza navale, soprattutto nel Mar Nero. Eppure ha perso tra le venticinque e le trenta navi da guerra, anche se Putin ha appena annunciato un piano per ricostruire la flotta russa senza tecnologia straniera. E infine, nessun progetto nazionale sulla famiglia sarà in grado di sostituire le oltre 300 mila perdite dichiarate che la Russia ha subito sul campo di battaglia”.

Conclusione: “Putin continua ad incolpare tutti tranne se stesso per i problemi economici della Russia, affermando regolarmente di voler far avanzare lo sviluppo tecnologico della Russia. Ma come può accadere questo quando gli scienziati russi continuano ad essere arrestati con false accuse di tradimento Al posto di una previsione, chiuderò con le parole immortali dell’economista premio Nobel Herbert Stein: se qualcosa non può andare avanti per sempre, si fermerà“.

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