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Nel dibattito senza fine sulle sigarette elettroniche si stanno scontrando ormai da tempo gli imprenditori, le lobby, i partiti politici e i Monopoli di Stato. E’ una guerra fredda originata dagli interessi economici di molte categorie, piuttosto che sugli aspetti legati prettamente alla salute dei cittadini, come forse dovrebbe essere.

Tutto ha avuto inizio con la decisione dell’AAMS di introdurre un nuovo decreto ministeriale per regolamentare tutto il settore delle sigarette elettroniche, che imponeva un ferreo regime autorizzativo per le attività delle e-cig, e soprattutto una maxi-tassa del 58,5% su tutti i prodotti. La protesta prontamente rappresentata da Anafe-Confindustria, Fiesel-Confesercenti e Federcontribuenti si è manifestata con un ricorso al Tar del Lazio, il quale lo scorso febbraio ha congelato il provvedimento, passando la patata bollente alla Consulta.

Qualche giorno dopo, però, ha avuto inizio la crisi di Governo e pochissimo tempo prima della caduta definitiva di Letta, l’allora Ministro dell’economia Saccomanni il 12 febbraio ha trovato il modo per firmare una modifica al decreto: tale variazione prevede però ancora l’attuazione sul prelievo fiscale al 58,5%, anche se introduce alcune altre piccole modifiche che correggono il provvedimento solo in parte, e unicamente dal punto di vista burocratico. In tutta fretta, la modifica è stata immediatamente approvata dal Dipartimento delle Finanze e due giorni dopo anche dalla Ragioneria Generale dello Stato. Ora gli imprenditori del fumo elettronico attendono quindi un nuovo verdetto del Tar, che si pronuncerà il prossimo 2 aprile.

Anche il mondo politico, nel frattempo, si è diviso: tra i sostenitori delle e-cig sono scesi in piazza in occasione degli svapo-day gli esponenti della Lega Nord Candiani e Salvini, a sostegno delle categorie del settore e dei consumatori. Sempre dalla Lega Nord è stato proposto anche di modificare il decreto Milleproroghe e di posticipare l’entrata in vigore del prelievo fiscale, rimandandolo al prossimo giugno.

Da parte del Movimento 5 Stelle, invece, si sono creati in questi giorni alcuni malintesi scaturiti da una dichiarazione che Daniela Donno ha lasciato sul suo profilo facebook: la senatrice M5S ha accusato le e-cig di essere causa della crisi di cui stanno soffrendo i tabaccai. Affermazione che naturalmente ha generato polemiche e che è stata prontamente smentita dalla stessa Donno, sempre sul social network, con queste parole: “Voglio chiarire una cosa: non sono contro le sigarette elettroniche, non lo sono mai stata e non è mia intenzione iniziare ora, anzi ne sono una consumatrice. […] Mi dispiace molto di essere stata fraintesa su una questione tanto delicata. In questo senso, mi auguro che si possa ragionare su una valida strategia di conversione lavorativa per chi ha fondato la propria attività sulle lobbies del tabacco“.

La questione rimane però ancora tutta da definire. La battaglia non è soltanto tra tabaccai e rivenditori di e-cig, ma i prossimi provvedimenti coinvolgeranno anche il tornaconto delle casse dello Stato: la maxi tassa imposta sul settore delle sigarette elettroniche potrebbe significare l’incasso di un cospicuo gettito fiscale, ma sempre a causa di essa il mercato delle sigarette elettroniche potrebbe vedere la chiusura di più di 3000 punti vendita in Italia. Ciò significa che l’incasso dello Stato andrebbe – mai come in questo caso – in fumo.

 

Tanti i motivi e gli interessi sulla questione irrisolta delle e-cig

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