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Predicare bene e razzolare male. La Cina, non è certo un mistero, è uno dei Paesi più inquinanti al mondo, in costante ritardo sulla tabella di marcia della transizione globale. E questo nonostante sia il primo produttore globale di pannelli solari. Il leader del Dragone, Xi Jinping, sono anni che va in giro per i Continenti a predicare una Cina a emissioni zero entro il 2060, anno in cui la seconda economia del pianeta dovrebbe trasformarsi in un ecosistema totalmente green.

Peccato che nella pratica le cose stiano diversamente e questo nonostante poco più di un anno fa Pechino abbia aderito a una sorta di alleanza finanziaria con l’Occidente, proprio per sostenere lo sforzo della transizione ecologica. Si trattava allora, di inserire alcune grandi banche di Paesi quali Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna e, per l’appunto Cina, in un progetto per il supporto alla green economy. Tutto molto bello, almeno a parole. Sì, perché secondo uno studio della Boston University istituti di credito del calibro della Export-Import Bank of China e la China Development Bank , ovvero delle maggiori banche statali cinesi, non hanno stanziato alcun finanziamento per il settore energetico tra il 2021 e il 2022. Proprio gli anni in cui Pechino si impegnava dinnanzi al mondo intero a dare un taglio alle emissioni.

Allargando lo spettro, i ricercatori del Massachussets hanno spiegato come i prestiti delle banche cinesi a progetti energetici esteri per la transizione, siano in calo dal 2016. Questo vuol dire essenzialmente due cose. Primo, la grande finanza non sembra essere allineata con i dettami della politica e del partito e, secondo, la letteratura che vuole la Cina protesa verso uno sforzo green sta perdendo la sua credibilità. La prova è anche in un altro dato. Ad oggi il monte-finanziamento di progetti eolici e solari da parte delle citate banche è rimasto pressoché inesistente: solo 1 gigawatt di capacità di generazione eolica e solare è stata finanziata attraverso le banche statali cinesi.

Pensare che un anno fa cinque banche di caratura globale hanno dato vita in qualità di membri fondatori dell’Alliance for Green Commercial Banks, l’iniziativa di green banking istituita dall’Autorità monetaria di Hong Kong e dall’International Finance Corporation (Ifc), in seno alla Banca mondiale. Le cinque banche sono Bank of China, Citigroup (Usa), Crédit Agricole (Francia) Cib Bank (Ungheria), Hsbc e Standard Chartered, ambedue con base nel Regno Unito. La Cina c’era, ma forse era solo una finta.

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