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Che succede a Mago Matteo? I funambolismi del premier Matteo Renzi a che punto sono? La vitale irruenza del segretario Pd – sempre più gongolante e baldanzoso dopo le Europee e le comunali, che peraltro non sono state del tutto un trionfo  – deve fare i conti con la realtà.

E i fatti dicono che il cronoprogramma indicato nelle formidabili slide nella scoppiettante conferenza stampa di inizio mandato è lungi dall’essere rispettato, come ricorda Guido Salerno Aletta. Così come tutte le coperture finanziarie del bonus Irpef permanente sono ancora ballerine e legate a clausole di salvaguardia. Per non parlare di altre incognite, come quella legata ai risparmi dell’intervento sulla Rai, e sugli stipendi degli alti papaveri della pubblica amministrazione e delle istituzioni come la Banca d’Italia di Ignazio Visco, visto il parere della Bce di Mario Draghi.

Ma è anche dall’interno del Pd che si scorgono scricchiolii non secondari. Sono tutti da delineare gli strascichi delle sostituzioni di Mario Mauro e Corradino Mineo per non intralciare il percorso rutilante della riforma del Senato indicato da Renzi e dal ministro Maria Elena Boschi. Così come il voto di ieri sulla responsabilità civile dei magistrati – passato con il sì di circa 30 democrat capeggiati dal franco garantista, più che dal franco tiratore, Roberto Giachetti – è la spia di umori, malumori e voglie di rivalsa sui magistrati con i quali Renzi dovrà fare sempre più i conti. E ciò, al di là delle parole di circostanza e ufficiali di sostegno all’azione dei magistrati che stanno indagando anche una bella fetta di dirigenti del Pd, con i loro annessi e connessi, dalla vicenda Expo alla vicenda Mose.

Ma in verità non sono solo i temi legati alla giustizia a far discutere il Pd: ci sono ben altri dossier (dalle nomine che si attendono all’Agenzia delle Enttate dopo l’uscita di Attilio Befera, alle novità recenti all’Ilva con l’arrivo di Piero Gnudi al posto di Enrico Bondi) a dividere renziani da non renziani.

E se si considerano gli effetti dirompenti di coinvolgimenti giudiziari di ex uomini ai vertici della Guardia di finanza come Emilio Spaziante, oltre che del numero due delle Fiamme Gialle, Vito Bardi, il quadro istituzionale oltre che politico non può che indurre cautela nelle parole e nelle opere di Renzi. Anche perché se – come sembra – i rapporti all’interno dei vertici della presidenza del Consiglio non sono più sereni e corali rispetto ai primi tempi (con relazioni meno sintoniche ad esempio fra renziani doc alla Luca Lotti e renziani come l’altro sottosegretario Graziano Del Rio, come spiffera oggi il Fatto Quotidiano).

Insomma, il tempo dei fuochi pirotecnici di Mago Matteo è opportuno che finisca presto.

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