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La magistratura francese ha spiccato un mandato d’arresto nei confronti del presidente siriano Bashar al Assad per crimini contro l’umanità. Analoga iniziativa è stata assunta a carico di suo fratello, Maher al Assad. La decisione della magistratura francese riguarda anche il generale di brigata Ghassan Abbas, direttore della sezione 450 del Centro per gli studi e le ricerche scientifiche siriano e il generale Bassan al Hassan, consigliere del presidente siriano per gli affari strategici e ufficiale di collegamento tra la Presidenza e il centro di ricerca scientifica siriano.

L’indagine è stata avviata sulla base di una denuncia penale presentata dal Centro siriano per i media e la libertà di espressione a seguito dell’attacco chimico dell’agosto 2013 che impiegando gas sarin (il cui possesso da parte del regime è stato poi documentato e ammesso) uccise almeno mille persone, tra cui molte donne e bambini, nella Ghouta orientale, al tempo controllata dagli insorti. I magistrati hanno ascoltato numerosi testi, anche sopravvissuti al massacro. Il regime al tempo affermò che l’attacco era stato compiuto dagli stessi insorti.

La notizia arriva in un momento importante per Assad e l’autodefinitosi “asse della resistenza”, guidato dall’Iran, al quale la Siria appartiene. Proprio Assad infatti, al vertice arabo appena conclusosi in Arabia Saudita, e al quale è stato riammesso dopo dieci anni di espulsione, ha chiesto azioni determinate per i crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati a Gaza, che ha definito “intollerabili”.

Al fianco di Assad, in tutto il tempo del sanguinosissimo conflitto siriano cominciato nel 2011 e in realtà ancora in corso, ci sono stati dall’inizio l’Iran e la sua milizia libanese Hezbollah, alla quale milizia vengono imputate le più feroci battaglie contro l’opposizione siriana, che portarono alla morte o alla deportazione di un numero elevatissimo di cittadini arabi siriani, quasi sempre musulmani. Nel 2015 è stato decisivo per la vittoria militare di Assad l’intervento nel conflitto dell’esercito russo, deciso dal presidente Putin.

La guerra siriana, che il regime ha presentato quale “guerra al terrorismo”, ha prodotto alla fine oltre ad un numero imprecisabile di vittime – non meno di 500mila secondo i primi computi poi interrotti – molte per tortura, anche la deportazione di 6 milioni di siriani e lo sfollamento in campi profughi interni di altri 4 milioni di cittadini, una cifra vicina al 50% della popolazione siriana complessiva.

Principale voce di denuncia del massacro siriano in Occidente è stata quella del gesuita italiano Paolo Dall’Oglio, espulso dal regime di Bashar al Assad nel 2012 e successivamente sequestrato nel 2013 nella città siriana insorta di Raqqa dai terroristi dell’Isis. Di analoga importanza ed efferatezza è stato il sequestro, proprio nella zona del massacro chimico, da parte di un gruppo jihadista, della principale documentatrice dei crimini del regime degli Assad, signora Razan Zaituneh, fondatrice del Violation Documentation Center, sequestrata a Douma insieme ai suoi tre più stretti collaboratori. Anche il loro sequestro è avvenuto nel 2013.

La tesi della “guerra al terrorismo” da parte del regime, che dal 2003 ha favorito l’afflusso di combattenti islamisti in Iraq per fermarvi l’azione militare statunitense, ha goduto di vasti consensi in molti Paesi del mondo.

Ora la magistratura, con la sua decisione, offre al mondo la possibilità e forse la necessità di rileggere la storia di quel conflitto, della sua trasformazione da rivolta popolare e non violenta in azione armata pilotata, dall’estero e dall’interno, per calcoli e disegni che non sono stati mai considerati nella loro complessità ma anche evidenza.

La Siria di Assad oggi è al centro di azioni e reazioni miliziane e militari da parte di tutti i soggetti impegnati militarmente nel Medio Oriente, come ha documentato proprio in queste ore, tra le prime, l’agenzia Ansa.

Mandato d'arresto per Assad. Un'occasione per rileggere la storia della Siria

La notizia arriva in un momento importante per Assad e l’autodefinitosi “asse della resistenza”, guidato dall’Iran, al quale la Siria appartiene. Ora la magistratura francese, con la sua decisione, offre al mondo la possibilità e forse la necessità di rileggere la storia del conflitto siriano, della sua trasformazione da rivolta popolare e non violenta in azione armata pilotata, dall’estero e dall’interno, per calcoli e disegni che non sono stati mai considerati nella loro complessità ma anche evidenza. Il commento di Riccardo Cristiano

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