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Pubblichiamo un estratto de “La debacle ucraina”, una lecture del prof. Anatol Lieven (King’s College di Londra) tenuta lo scorso 14 maggio a Milano in un evento organizzato dalla Fondazione Eni Enrico Mattei.

Nel corso degli ultimi mesi, i media mondiali hanno offerto un’ampia copertura della cosiddetta Crisi ucraina. Per quanto costantemente aggiornati, questi servizi non sembrano sfortunatamente in grado di suggerirne una soluzione positiva e concreta; dalla spietata repressione della rivolta di Maidan alla fuga di Yanukovych, dal sequestro del personale Osce all’incrudelimento dei combattimenti in svariate città e paesi ucraini, il dialogo tanto necessario è stato brutalmente messo in disparte dalla forza delle armi, dalla violenza. Qualsiasi ragionevole posizione riguardante l’Ucraina, in Russia così come nell’Occidente, è stata sopraffatta da un diluvio d’isteria, menzogne ed erroneo auto-convincimento: tutti i principali attori di questa crisi hanno fatto ampio ricorso alla propaganda e alla contro-propaganda, in modo completamente menzognero da parte della Russia e ugualmente falso dal lato occidentale. Tale processo non si è limitato ai singoli governi, essendo entusiasticamente adottato anche da gran parte dei media.

LA MENZOGNA DI MOSCA

Mosca ha mentito nel descrivere la cacciata del precedente premier Yanukovych alla stregua di un “colpo di Stato neofascista”, invece di una rivolta popolare con ampio sostegno nel Paese. Dall’altro lato del globo, la pretesa di Washington che Yanukovych abbia “lasciato il proprio ufficio” a Kiev si è rivelata egualmente surreale, viste le circostanze chiaramente rocambolesche della caduta del suo governo; gli Stati Uniti erano inoltre in errore nell’affermare che “i gruppi ultranazionalisti di estrema destra non sono rappresentati nella Rada”, il Parlamento ucraino. Il partito Svoboda o Libertà, ultranazionalista e selvaggiamente russo-fobico, possiede 38 seggi in Parlamento oltre a quattro ministri nel governo, che ricoprono anche cariche di primo livello quali il Ministro della Giustizia ed il Vice Primo Ministro. Il fondatore di Svoboda, Andriy Volodymyrovych Parubiy, è stato nominato Segretario del Comitato Nazionale per la Sicurezza e la Difesa, con il suo fedele alleato Dmytro Yarosh come vice, già leader dell’organizzazione estremista e neofascista Right Sector.

LA VERA NATURA DI SVOBODA

Non è assolutamente possibile fraintendere la vera natura di Svoboda. In una risoluzione del 13 dicembre 2012, lo stesso Parlamento Europeo ne aveva riconosciuto il pericoloso livello di nazionalismo, affermando inequivocabilmente:
“Il Parlamento Europeo esprime inquietudine circa l’ascesa del sentimento nazionalista in Ucraina, che ha condotto all’elezione di esponenti del Partito Svoboda nel Parlamento. Il Parlamento Europeo ricorda che le sue posizioni razziste, antisemite e xenofobe sono in contraddizione con i valori e principi fondamentali europei, e invita i partiti democratici del Parlamento Ucraino a non associarsi, a non sostenere o formare coalizioni che includano tale partito”.

UN FORTE RISCHIO

Sia i successivi scontri a Kiev, in cui svariate dozzine di dimostranti filorussi furono bruciati vivi dagli avversari nazionalisti, sia gli assedi di svariate città dell’Ucraina orientale, hanno contribuito a sottolineare efficacemente il forte rischio costituito da tale influente presenza dell’estrema destra nel Paese, già infiltrata nelle sue istituzioni principali.
Questa violenta tipologia di nazionalismo sul campo e, al contempo, all’interno del nuovo governo ha suscitato un legittimo timore negli ucraini di lingua russa, preoccupati per la propria sicurezza e per i propri diritti. Ha inoltre fornito un’eccellente giustificazione per l’occupazione russa della Crimea: tale annessione ha violato le leggi internazionali, tuttavia gli Stati europei e i loro alleati sono stati troppo precipitosi nel sostenere il governo ucraino. Avrebbero dovuto insistere per ottenere cambiamenti precisi nella sua composizione, così come per una piena garanzia dei diritti delle minoranze; si è trattato piuttosto di un sostegno immediato, concesso come reazione all’escalation militare russa, nel disperato tentativo di evitare una guerra aperta e di proteggere ciò che restava del processo democratico in Ucraina, oltre che di mantenere unito il Paese. Sfortunatamente, questo supporto è stato interpretato in modo erroneo dal nuovo establishment di Kiev: i suoi alleati esteri non possono aiutarlo militarmente a riconquistare l’est del Paese.

LE FORZE RIBELLI

Le forze ribelli stanziate nelle città del Donbas, l’area industriale e mineraria di lingua russa nella parte orientale dell’Ucraina, sono estremamente organizzate e possono fare affidamento su un consistente sostegno da parte della popolazione, oltre che sul supporto implicito di circa 45.000 effettivi russi stanziati sul confine ucraino, il cui parziale ritiro è stato annunciato solo recentemente. Occorrerebbero mesi e probabilmente anni alle forze governative di Kiev per diventare sufficientemente potenti da riprendere il Donbas rapidamente e con moderato spargimento di sangue, o perfino per respingere un’invasione russa nelle aree orientali e meridionali del Paese.

LE SCELTE DELL’UCRAINA

Un simile tentativo militare su larga scala da parte di Kiev, peraltro già parzialmente e tragicamente iniziato, dovrebbe essere fermamente scoraggiato dall’Occidente: causerebbe solo altri scontri simili a quello avvenuto a Odessa, che ha lasciato dozzine di morti sul campo. Soprattutto, tale evenienza renderebbe certa un’invasione russa.
Occorre oltretutto considerare che, nonostante le dimostrazioni di forza e i discorsi statunitensi ed europei, l’Occidente non combatterà per l’Ucraina. Persuadere di ciò il nuovo governo di Kiev è di primaria importanza, in seguito alla tragica lezione georgiana del 2008: se le forze regolari ucraine continueranno il loro assalto alle roccaforti ribelli a est, otterranno solamente tre risultati, separatamente o in sequenza. Primo, saranno annientate grazie al supporto degli armamenti russi, già in mano ai ribelli come dimostrato negli ultimi giorni dalla copertura mediatica: i filorussi dispongono di artiglieria, di mezzi blindati e perfino di moderni sistemi missilistici antiaerei di fabbricazione russa, ampiamente in grado di ingaggiare e abbattere gli elicotteri da combattimento di Kiev. Secondo, nel caso Kiev riesca a riconquistare una città, Mosca provvederà a rinforzare i centri circostanti con elementi in incognito delle proprie forze speciali, rendendone pressoché impossibile la cattura; terzo, nel caso in cui le forze ucraine riescano a radunare un coefficiente bellico sufficiente a scalzare le forze filorusse dalle proprie posizioni attuali, Mosca invaderà il Paese. Il solo quesito, allora, riguarderà l’avanzata: dove si fermerà l’esercito russo? Mosca si accontenterà di annettere il Donbas, come nel caso dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia, oppure proseguirà conquistando metà dell’Ucraina?

Anatol Lieven, Professor, Chair of International Relations
War Studies Department, King’s College London

Le vere ragioni della crisi ucraina

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